Cetraro. Rischia di morire in carcere, interrogazione al governo

Cosenza Cronaca

Riceviamo e pubblichiamo comunicato di Emilio Quintieri già Consigliere Nazionale dei VAS Onlus Esponente della Federazione dei Verdi

“Ci riferiamo al nostro compagno di sventura, l'amico Roveto Vincenzo, anni 45, che soffre di patologie gravi e certificate da ampia documentazione medica, che da incompetenti non possiamo valutare. Quello di cui siamo preoccupati invece è la salute del compagno che risulta essere in condizioni psicofisiche molto, molto precarie secondo noi, al limite della sopravvivenza, non siamo noi deputati a stabilire la gravità delle condizioni né tantomeno ci tranquillizzano le sporadiche visite mediche a cui viene sottoposto, limitate al solo controllo visivo, testimoni di tale pratica siamo noi, perchè spesso lo accompagniamo a raggiungere una squallida stanza adibita a infermeria ed è sufficiente al sanitario di turno uno sguardo e pochi minuti per risolvere il problema, somministrandogli un normale antidepressivo rimandando di qualche ora le sofferenze.”

Comincia così la lettera firmata dai sette compagni di cella del cetrarese Vincenzo Roveto, detenuto nel Reparto Alta Sicurezza della Casa Circondariale di Palmi (Reggio Calabria) in esecuzione dell’Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere emessa dal GIP Distrettuale di Catanzaro su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia nell’ambito dell’Operazione “Overloading” contro il Clan Muto di Cetraro (CS) perché accusato del delitto di Associazione per Delinquere di Stampo Mafioso finalizzata al Narcotraffico (Art. 416 bis Codice Penale e Art. 74 D.P.R. nr. 309/1990) ed attualmente imputato dinanzi al GUP del Tribunale di Catanzaro avendo scelto di essere giudicato con il rito abbreviato.

Continua la lettera dei detenuti reclusi a Palmi “noi compagni assistiamo quotidianamente al graduale deperimento psicofisico dell’amico Roveto Vincenzo. Se permane tale situazione si rischia di compromettere irrimediabilmente l'integrità motoria e mentale. Come già accennato soffre di parecchie patologie, le più rilevanti, per noi, sono l'insonnia, attacchi epilettici con pianti irrefrenabili, sguardo assente, gesti autolesionisti, rifiuto totale del cibo, da settimane, il suo peso attuale non supera i 50 kg, per ultimo in cura un tumore certificato alla vescica. Necessita di assistenza costante, spesso ha bisogno di aiuto in ogni movimento, anche i più semplici, come scendere e salire dalla branda letto, spogliarsi e vestirsi. Dobbiamo stare attentissimi a non lasciarlo da solo essendo sofferente di depressione autolesionista, si teme che possa rendersi capace di gesti estremi, ancor prima di ritrovarci con l'evento irreparabile, nel camerotto, vogliamo manifestare il nostro disappunto alla totale indifferenza a cui siamo costretti ad assistere, perchè il rispetto alla vita e alla dignità dell'uomo è sovrana, spetta ad ogni singolo anche se in carcere in attesa di giudizio.”

Il grido d’allarme lanciato anche dalla famiglia del detenuto cetrarese con una lettera a Franco Corbelli, Leader del Movimento Diritti Civili “un nostro congiunto rischia di morire in carcere se non si interviene subito. È detenuto da poche settimane a Palmi, dopo essere stato nel carcere di Vibo Valentia. È in carcere da un anno e mezzo. È innocente. Ma quello che ci preoccupa e angoscia a tutti noi in famiglia è la sua malattia. In vita sua ha sempre sofferto. È stato operato per un tumore. Ogni mese doveva andare a controllarsi, da quando è in carcere non lo può più fare. Rischia di morire abbandonato e dimenticato in una cella”, è stato raccolto dai Deputati Radicali che hanno presentato una circostanziata Interrogazione Parlamentare con richiesta di risposta scritta rivolta ai Ministri della Giustizia On. Paola Severino e della Salute On. Renato Balduzzi. Il primo firmatario dell’atto di Sindacato Ispettivo è l’On. Rita Bernardini, membro della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati. Seguono le firme degli On. Marco Beltrandi, Maria Antonietta Farina Coscioni, Matteo Mecacci, Maurizio Turco ed Elisabetta Zamparutti.

Scrivono i Deputati Radicali “il trattamento penitenziario deve essere realizzato secondo modalità tali da garantire a ciascun detenuto il diritto inviolabile al rispetto della propria dignità, sancito dagli articoli 2 e 3 della Costituzione; dagli articoli 1 e 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000; dagli articoli 7 e 10 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1977; dall'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali del 1950; dagli articoli 1 e 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948; nonché dagli articoli 1, 2 e 3 della raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 12 febbraio 1987, recante "Regole minime per il trattamento dei detenuti" e dall'articolo l della Raccomandazione (2006) 2 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa dell'11 gennaio 2006, sulle norme penitenziarie in ambito europeo; il diritto alla salute, sancito dall'articolo 32 della Costituzione, rappresenta un diritto inviolabile della persona umana, non suscettibile di limitazione alcuna e idoneo a costituire un parametro di legittimità della stessa esecuzione della pena, che non può in alcuna misura svolgersi secondo modalità idonee a pregiudicare il diritto del detenuto alla salute ed alla salvaguardia della propria incolumità psico-fisica; l'articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354, sancisce una rigorosa disciplina in ordine alle modalità ed ai requisiti del servizio sanitario di ogni istituto di pena, prescrivendo tra l'altro che «ove siano necessari cure o accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati dai servizi sanitari degli istituti, i condannati e gli internati sono trasferiti (...) in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura»; la recente sentenza della Corte di cassazione n. 46479/2011, del 14 dicembre 2011 ha evidenziato, fra l'altro, come «il diritto alla salute del detenuto va tutelato anche al di sopra delle esigenze di sicurezza sicché, in presenza di gravi patologie, si impone la sottoposizione al regime degli arresti domiciliari o comunque il ricovero in idonee strutture”. Ciò stante, gli Onorevoli interroganti ritenuto “necessario un intervento urgente al fine di verificare le reali condizioni di salute del detenuto in questione, affinché siano adottati i provvedimenti più opportuni, per garantire che l'espiazione della pena non si traduca di fatto in un'illegittima violazione dei diritti umani fondamentali, secondo modalità tali peraltro da pregiudicarne irreversibilmente le condizioni psico-fisiche, già gravemente compromesse” hanno chiesto ai Dicasteri della Giustizia e della Salute del Governo Italiano “di quali informazioni dispongano circa i fatti narrati in premessa e se non intendano promuovere ogni accertamento di competenza, anche attraverso un'ispezione ministeriale, in rapporto ai fatti esposti in premessa, e quali ulteriori iniziative di competenza intendano assumere al fine di tutelare il diritto alla salute del detenuto.”

A darne notizia è l’ex Consigliere Nazionale dei Vas Onlus Emilio Quintieri, esponente della Federazione dei Verdi che, tra l’altro, ha già provveduto ad inviare una dettagliata informativa al riguardo al Gruppo Europarlamentare dei Verdi proponendo di rivolgere un Interrogazione alla Commissione Europea in merito alla situazione che riguarda il recluso Vincenzo Roveto e, più in generale, ai trattamenti inumani e degradanti a cui sono sottoposti i detenuti in Italia nonostante le numerose condanne inflitte dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo al Governo Italiano. “Il carcere dovrebbe essere il Regno del Diritto ed invece è una Discarica Sociale. Dal 1959 ad oggi il nostro Paese è stato condannato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo circa 2.121 volte e, all’interno dei paesi dell’Unione Europea, il nostro Paese detiene il primato per le condanne relative alla condizione inumana e degradante dei detenuti. Peggio di noi c’è solo la Turchia ! E pensare che l’Italia fu tra i primi a rifiutare la pena di morte ed a credere fortemente nell’importanza della rieducazione del condannato, alla pena non come castigo, ma come risocializzazione. Concetti che sono tra i pilastri della nostra cultura giuridica. Gli Europarlamentari dei Verdi da me sollecitati porteranno il caso all’attenzione della Commissione Permanente Giustizia e dei Diritti Umani del Parlamento Europeo”.