Tentato omicidio, giovane assolto a Catanzaro
La Corte d'appello di Catanzaro ha ribaltato in un'assoluzione con formula ampia la condanna a 9 anni e mezzo di reclusione già inflitta a Pio Emanuele Palaia, catanzarese di 25 anni, imputato per tentato omicidio poiché, secondo la pubblica accusa, sarebbe stato il responsabile delle gravi ferite da arma da taglio riportate il 14 gennaio 2011 da Francesco Lavecchia, 39 anni, dopo una colluttazione. I giudici hanno accolto in pieno la richiesta della difesa, sostenuta dall'avvocato Fulvio Attisani, che fin dal primo processo ha evidenziato con forza la mancanza di prove utili a dimostrare l'accusa mossa a Palaia.
Il Tribunale collegiale non condivise la tesi difensiva e, il 16 marzo scorso, ritenne responsabile il giovane, per il quale il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a 12 anni e mezzo di reclusione. Dal canto suo Palaia, che a fine gennaio 2011 è finito in manette in esecuzione di un'ordinanza cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari su richiesta della Procura di Catanzaro, si è sempre professato innocente rispetto al tentato omicidio di Lavecchia - che non si è costituito parte civile -.
Nel corso dell'interrogatorio di garanzia, anzi, l'imputato ha spiegato che al momento dell'accoltellamento avvenuto a Girifalco lui sarebbe stato a Catanzaro, e che solo dopo aver saputo quello che era accaduto al 39enne, suo conoscente da lungo tempo, è tornato indietro, anche perché gli era stato comunicato che lo stavano cercando. Secondo la pubblica accusa - che ha citato Palaia a giudizio immediato -, invece, l'imputato avrebbe accoltellato la sua vittima al culmine di un litigio, grazie soprattutto a quanto riferito dallo stesso ferito, ma anche grazie alla testimonianza di alcune persone presenti vicino all'abitazione di Lavecchia dove il fatto di sangue avvenne. Un teorema accusatorio completamente crollato dal momento che la Corte d'appello, cui il sostituto procuratore generale aveva chiesto la conferma della condanna, ha assolta Palaia "per non aver commesso il fatto". (AGI)