Dacci una zampa: oggi incontro con la triade commissariale
“Dall’inizio di questa occupazione più volte e da più parti ci è stato detto che la nostra iniziativa è la risposta concreta a una problema concreto, la soluzione reale a una criticità ignorata. Abbiamo inteso questa occupazione come un servizio che noi cittadini possiamo rendere a una città messa in ginocchio da anni di mala gestio, un modo per contribuire con le nostre forze e quello che sappiamo fare alla difficile gestione in regime di piano di rientro, ma a fronte dei nostri sforzi, l’amministrazione sembra scegliere ancora la via del privato, sembra scegliere di pagare per un servizio che attraverso una delle sue strutture potrebbe offrire”.
È amara la considerazione dei volontari di Dacci una zampa onlus, gli animalisti che circa tre settimane fa hanno occupato il canile municipale di Mortara, la struttura finanziata con oltre 650mila euro, finita nel 2006, inaugurata nel 2008 e mai entrata in funzione. Ma soprattutto, quello che radica fra i volontari è un dubbio inquietante che – dicono – è corretto mettere la conoscenza la città.
“Non è compito nostro fare indagini o approfondimenti, tuttavia ci appare curioso che si scelga di sprecare ulteriore denaro pubblico, piuttosto che mettere a frutto parte del proprio patrimonio insieme a cittadini che liberamente offrono il proprio contributo. Le oscure vicende che hanno portato allo scioglimento del Comune sono ormai note a tutti, come a tutti è noto – anche la commissione parlamentare antimafia lo ha denunciato – che lo stesso scioglimento dell’amministrazione comunale non è riuscito a bonificare palazzo S. Giorgio dai tentacoli delle ndrine.
Basti pensare che a distanza di quasi due anni dall’insediamento della triade commissariale, l’amministrazione continua a pagare regolarmente la retta a una struttura – il canile di Taurianova – destinataria di ben due interdittive antimafia. Inoltre, troppi e troppi soggetti finiti al centro della relazione che ha indotto il Viminale a sciogliere per contiguità mafiose il Comune di Reggio Calabria sono rimasti all’interno delle istituzioni reggine”.
Due dati – dicono dall’associazione - che non possono non indurre a un’inquietante riflessione, soprattutto se si considera che, stando a quanto riferito da fonti interne, i dirigenti comunali di settore avrebbero già individuato le strutture necessarie per ospitare i cani recuperati in queste settimane, mentre l’Asp si starebbe muovendo per acquistare centinaia di microchip necessari per identificare gli animali di Mortara.
Un’identificazione prodromica – ci hanno tenuto a sottolineare le voci che da più parti sono intervenute – a una deportazione di massa degli animali a Sant’Ilario dello Jonio, canile lager già finito al centro delle cronache nazionali per le pessime condizioni igienico sanitarie, o al canile Metauria a Gioia Tauro, con cui – stando a voci insistenti –sarebbe stata già stipulata una convenzione.
Circostanze che inducono Dacci una zampa a una riflessione. “Oggi, a fronte del pervicace perseguimento della strada delle convenzioni con strutture private - canili che per quanto è a nostra conoscenza non rispettano neanche le previsioni imposte dalla recente legge regionale - non possiamo che chiederci se per caso non si nasconda qualcosa dietro questo business.
Ci sono interessi che vanno al di là del bene pubblico? si tratta di interessi di natura criminale? È un dubbio che ci attanaglia e che ci fa sentire piccolissimi di fronte a questa battaglia, ma che ci sentiamo in obbligo di perseguire per l’appoggio spontaneo che fin dal primo giorno di occupazione abbiamo ricevuto dalla città intera”.
Per questo, nei giorni scorsi i volontari hanno presentato due domande di accesso agli atti – una a Palazzo S. Giorgio e una all’Asp – per chiedere rispettivamente la visione ed estrazione di copia della convenzione con il Canile di Metauria e con l’unità di accalappiamento, così come la visione ed estrazione di copia delle schede di valutazione dei canili esistenti sul territorio valutati alla luce del nuovo DPGR 51 del 19 maggio 2014, che impone nuove regole e condizioni per tutte le strutture.
“Si tratta di dubbi e inquietudini che ci sentiamo in dovere di mettere in comune con la città, ma soprattutto che non esiteremo a esporre con la triade prefettizia, con cui a breve è stato fissato un incontro, riservandoci comunque la facoltà di presentare in esposto”.
Intanto anche da Genova, da una delle più note e autorevoli associazioni antimafia, la Casa della legalità, arriva la solidarietà all’occupazione del canile di Mortara, la struttura comunale conclusa nel 2006, inaugurata nel 2008 e mai entrata in funzione.
Il presidente dell’associazione, Christian Abbondanza ha voluto scrivere al prefetto Claudio Sammartino per invitarlo a intercedere presso la triade prefettizia per “Una soluzione positiva per la comunità che deriverebbe da un accordo formale tra la gestione commissariale del Comune e l'Onlus “Dacci una zampa”, sottolina Abbondanza e che “segnerebbe, tra l'altro, in modo positivo l'immagine della gestione commissariale stessa, in quanto capace di interagire, nell'ambito delle proprie funzioni e delle finalità dell'Ente, con la parte della società civile calabrese”.
Scrive infatti il presidente della Casa della legalità a nome di tutta l’associazione, rivolgendosi al prefetto Sammartino,”le inoltriamo la presente perché venuti a conoscenza della problematica connessa alla struttura del Canile Municipale di Mortara. Detta struttura di proprietà del Comune di Reggio Calabria venne inaugurata nel 2008 ma, con la precedente gestione dell'Ente, viziata dal contesto di un'amministrazione condizionata/infiltrata dalla 'ndrangheta, non entrò mai in funzione.
A seguito dell'emergere di elementi gravi in merito alla struttura di Taurianova la gestione di questa è stata oggetto di interdittiva antimafia. Considerando che tale struttura era l'unica nell'ambito della provincia di Reggio Calabria (e forse era l'unica proprio perché strettamente legata ai sodalizi 'ndranghetisti), a seguito della chiusura risulta completamente inesistente, nel territorio della provincia in questione, una struttura adibita alla funzione di canile o rifugio pubblico.