Invasioni presenta l’anteprima mondiale del film di Scarfò su Gregory Corso

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Unico grande appuntamento nella giornata del 15 settembre per il programma di Invasioni. È l’anteprima mondiale di “BOMB! Burning Fantasy”, il film dedicato alla figura di Gregory Corso (interpretato da Nick Mancuso), uno dei grandi protagonisti della Beat Generation, la corrente che negli anni Sessanta e Settanta ha caratterizzato in maniera innovativa la scena letteraria degli Stati Uniti. Gregory Corso è stato più volte in Italia, e in Calabria (il padre era di origini calabresi). Matteo Scarfò ha dedicato questo suo film-documentario proprio a questi passaggi, a momenti salienti e significativi della vita del poeta americano, una vita travagliata, difficile e contrastata, eppure illuminata, nel buio profondo in cui spesso è caduto, dalla luce della sua Poesia. La proiezione, alle ore 20 al Chiostro di San Domenico, sarà seguita dal concerto dei Nimby, formazione catanzarese di progressive rock che ha composto la colonna sonora del film,

Sinossi

Gregory Nunzio Corso nasce nel 1930, al Greenwich Village di New York, da genitori di origine italiana (padre calabrese e madre abruzzese) che si separano poco tempo dopo la sua nascita. Finisce per la strada e in carcere, dove conosce anche dei mafiosi. Legge anche alcuni libri regalategli da un anziano detenuto. Grazie a queste letture, Corso fa il suo primo, cruciale, incontro con la poesia. Con un’ammirazione speciale per Shelley e per Rimbaud, il poeta non avrà vita facile, ma nei suoi periodi più duri sarà accompagnato sempre dalla forza salvifica della Poesia, come lui stesso disse in più di un’occasione. Con il padre avrà sempre un rapporto contrastato, ma in età adulta gli dedicherà un libro.

Uscito di prigione incontra Allen Ginsberg, che lo introduce nel mondo del cosiddetto movimento Beat. Inizia il viaggio estremo di Corso nella vita quotidiana, (“senza fare un giorno di lavoro”, dirà con orgoglio); viaggiando in tutto il mondo, trovando appoggio, a seconda le occasioni e le opportunità, da amici, ragazze, fidanzate e mogli, dalle quali avrà quattro figli. Alla fine degli anni ‘50, dopo una marcia degli studenti londinesi contro la bomba atomica, disturbato dal comportamento violento dei pacifisti, scrive provocatoriamente la poesia Bomb, una “lettera d’amore” alla bomba atomica, la lettura della quale gli provocherà molte contestazioni e il rifiuto di Lawrence Ferlinghetti di pubblicarla con sua casa editrice, la “City Lights Books”. Negli anni ‘60 approda a Parigi, che ama molto, insieme a Ginsberg e altri poeti, all’ Hotel Rachou, poi detto “Beat Hotel”, dove i topi e l’umidità sono di casa. Conosce Jacques Prévert e Jean Genet, con il quale avrà uno scontro memorabile. In Italia conosce Fernanda Pivano che lo ospiterà molte volte a casa sua, a Milano, offrendogli un rifugio sicuro nei momenti in cui apre il suo “bagaglio inumano di disperazione”. La stessa Pivano vive un emozionante, anche se pericoloso, viaggio “on the road”, sulle autostrade americane, in una macchina guidata da Neal Cassady, il funambolo del volante della Beat Generation. Alla fine degli anni 70 partecipa al Festival della poesia alternativa di Castelporziano, vicino Roma, organizzato tra gli altri da Simone Carella, oggi direttore artistico del teatro Colosseo. Sempre a Roma fa la conoscenza di Fabrizio Crisafulli, che lo accompagna negli incontri della capitale e poi a Catania e in Calabria, invitato dalle rispettive Università, dove si svolgono due incontri memorabili, all’insegna della leggerezza e della grande verve comico-ironica del poeta, Corso manda in visibilio studenti e professori, così come testimoniato dal poeta e giornalista Franco Dionesalvi. In Calabria gira in lungo e largo per i paesi dell’infanzia del padre e scriverà una poesia sul suo concepimento.

All’inizio degli anni ’90 fa ritorno a New York ma, senza un soldo, dorme per strada, a Times Square. Scrive a Fabrizio Crisafulli che vorrebbe tornare a Roma, perché in Italia è benvoluto, “mentre qui mi considerano il Sig. Merda”. Durante una festa letteraria prende a pugni Norman Mailer, per aver parlato male di lui e dei beatnik. Alla fine degli anni ’90 si ammala. Gli stanno accanto, amorevolmente, la primogenita Sheri, infermiera, e la cantante Patti Smith.

Muore nel 2001 e viene seppellito nel Cimitero degli Inglesi a Roma, accanto al suo amato Shelley. Ma… “non ditegli che è morto”.

Le origini di Gregory Corso

Tutt’altro che poetici i natali: i genitori non erano due bohèmienne, ma due adolescenti dell’Italia meridionale (calabrese il padre, abruzzese la madre) di diciassette e sedici anni, che si lasciarono sei mesi dopo la nascita del poeta.

Ma il rapporto odio-amore si sviluppa prevalentemente con il padre.

Ma rimane soprattutto il suo rapporto con il padre, al quale, in età matura, dedicherà un libro, nonostante tutto.

Negli ultimi anni della sua vita incontrerà anche la madre…

Gregory è un ragazzino duro dei quartieri bassi che crebbe come un angelo sui tetti cantando canzoni italiane con la stessa dolcezza di Caruso e Sinatra.

Ha un viso da scugnizzo, possiede l’autenticità del poeta di razza, un amore esclusivo per la parola, una smisurata capacità d’umorismo e allo stesso tempo una innata regalità Gli piace atteggiarsi a duro, a rozzo, crearsi alibi: “io parlare appena inglese”; ma le poesie che scrive smentiscono queste false modestie. Corso è sempre imprevedibile, impossibile da classificare: è fantasia in fiamme.

Fare un docufilm su Gregory Corso significa, da una parte parlare di un personaggio “profetico”; dall’altra di un uomo terreno che ha vissuto i suoi travagli interiori e materiali sempre con grande onestà intellettuale. Le conseguenze sono state una vita condotta ai limiti dell’emarginazione, ma vissuta sempre attraverso un comportamento pacato e razionale, pur impregnata di affermazioni paradossali e di uno sguardo visionario capace di tradurre il suo mondo in parole in Corso… in Poesia.

Il docufilm non segue una narrazione cronologica, ma le suggestioni emotive del rapporto di Corso con la Poesia.