Lettere. Lanzetta: no all’incarico di assessore, ora vi spiego i perché
di Maria Carmela Lanzetta *
Dopo la vittoria alle primarie mi ero messa a disposizione di Oliverio per la campagna elettorale, durante la quale avevo capito che c’era la volontà di mettere insieme un team di persone per tirare fuori la Calabria dall’isolamento socio-economico in cui si trova da sempre. Lo pensavo perché sapevo che, da Ministro, avrei fatto di tutto affinché ciò accadesse e non vedevo l’ora che si arrivasse alle elezioni ed a una possibile vittoria del centro sinistra per mettere a frutto la collaborazione con una nuova Giunta regionale, visto che con la precedente sono stata costretta, tra l’altro, come Ministro, a contestare alcune leggi del Consiglio regionale. E mi dispiace che le consigliere presenti, nonostante gli appelli senza distinzioni partitico-politiche, non abbiano sentito la necessità di battersi fino in fondo per garantire la presenza del 30% delle donne nella giunta regionale, una composizione che poi è stata approvata grazie all’emendamento allo Statuto della consigliera Sculco.
Dico mi dispiace soprattutto perché le donne, almeno su questo aspetto, hanno sempre trovato un comune sentire al di là dell’appartenenza politica-partitica. E non è un caso che l’appello per l’approvazione della legge di genere sia stato fatto anche da donne che militano nel centro destra alle quali, su questi temi, offro sempre la mia collaborazione, per quello che posso fare.
Ritengo che la maggior parte dei lettori sia a conoscenza per sommi capi delle vicende che mi hanno portato a rinunciare alla nomina di assessore regionale, una decisione attraverso la quale “mi sono seduta dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati”, citando Bertolt Brecht. Ma ritengo a ragione necessario approfondire la conoscenza dei fatti, non per una questione mia personale, né per accusare chicchessia, ma soprattutto perché sono vicende che riverberano un grande significato politico più che giudiziario. Del resto il silenzio del segretario regionale, sia sulle dimissioni del Ministro Lanzetta che sulla nomina di De Gaetano, nonostante un comunicato di Palazzo Chigi abbia sostenuto che la vicenda De Gaetano “non è sufficientemente chiarita”, la dice lunga sul disagio di un partito in cui sembra che sia prevalsa la Restaurazione, diretta e/o indiretta.
(Esitare va bene, se poi fai quello che devi fare. B. Brecht) | L’accusa che avrei atteso due giorni prima di rinunciare alla nomina è solo ridicola e pronunciata in mala fede. Infatti, pur avendo molti dubbi, non era facile prendere una decisione dal momento in cui il mio ruolo avrebbe dovuto essere anche quello di raccordo con il governo; pertanto ho voluto raccogliere molte più informazioni sulla questione e dare una risposta sicura ed inequivocabile su una scelta che, sicuramente, avrebbe provocato - come è successo - risentimenti personali e politici.
Ricevo inviti ogni giorno da ogni parte d’Italia per parlare di Regole, di Legalità e anche di Beni Culturali, ma devo confessare che mi trovo in grande difficoltà a parlare anche come esponente del PD. Infatti è possibile parlare di Regole nel momento in cui le stesse non vengono rispettate da tre, dico tre segretari provinciali del PD che ancora non si dimettono da mesi pur essendo stati eletti in altri importanti incarichi, provocando la ribellione di molti circoli? Come è possibile parlare di Beni Culturali, dal momento in cui dovrei spiegare che in una città guidata da un sindaco PD, presidente dell’Anci Regionale e presidente dell’Assemblea Regionale, è stata deliberata una cementificazione oltraggiosa della storia e della cultura archeologica, tenendo all’oscuro i cittadini che giustamente e per fortuna si sono ribellati facendo le sentinelle al sito archeologico, nel freddo del giorno e della notte, per far sospendere i lavori?
(Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente. B. Brecht) | La verità la conoscono in tanti, ma facendosi scudo della poltrona che hanno conquistato, o sperando in una da conquistare, cercano di resistere all’evidenza dei fatti in attesa della normalizzazione politico-mediatica.
Ma al di là del fatto giudiziario io chiedo a gran voce un chiarimento politico che deve venire soprattutto dall’Assemblea Regionale. Del resto le mie considerazioni non chiamano in causa i consiglieri regionali che sono stati proposti o già rinviati a giudizio per rimborsopoli e altro; perché per loro c’è ancora la possibilità di dimostrare l’estraneità ai fatti contestati, come ci auguriamo. Mentre invece i fatti che coinvolgono, indirettamente, l’assessore De Gaetano sono stati già documentati e non smentiti. E non facciano finta di non capire la vera questione che stiamo ponendo quanti stancamente ci ricordano che “De Gaetano non è indagato”. Lo sappiamo bene, grazie, e siamo contenti per lui.
Ogni giorno ricevo decine di messaggi e di telefonate di elettori e simpatizzanti che manifestano la delusione, per usare un eufemismo, per come le promesse elettorali di rinnovamento sono state disattese.
Sono messaggi che chiedono, anche e soprattutto, che venga spiegato come mai un ex consigliere regionale non viene ricandidato alle ultime elezioni regionali, perché avrebbe svolto due mandati consecutivi - ma non è vero - e poi lo stesso ex consigliere ce lo ritroviamo nominato come assessore, senza “se” e senza “ma”.
Questo strano modo di procedere e tutta la vicenda giudiziaria, ripeto mai smentita, è sufficiente per porre un problema politico a cui il PD deve dare una risposta certa e inequivocabile per uscire dalle ambiguità già rappresentate.
È la risposta che il PD deve dare non solo agli addetti ai lavori, ma alla società civile calabrese che chiede da tempo - e oggi a maggior ragione “chi è Politicamente il partito democratico in Calabria”, perché una questione Politica è Politica è Politica.
(* ex Ministro degli Affari Regionali e delle Autonomie)
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