Operazione ‘Dama Nera 2 ’. Anas, un altro blitz: 19 arresti, coinvolto un parlamentare

Calabria Cronaca

Poco meno di cinque mesi fa il primo “terremoto” aveva già colpito l’Anas con l’operazione “Dama nera” che avrebbe portato alla luce un presunto giro di tangenti intorno agli appalti della società.

Stamani all’alba, invece, è scattato un altro blitz, denominato “Dama nera 2”, durante il quale oltre 250 finanzieri di Roma stanno eseguendo oltre 50 perquisizioni (in Lazio, Sicilia, Calabria, Puglia, Lombardia, Trentino Alto Adige, Piemonte, Veneto, Molise e Campania) e 19 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di dirigenti e funzionari dell’Anas, oltre che di un avvocato e di imprenditori titolari di aziende appaltatrici di primarie opere pubbliche. Passate al setaccio anche le sedi Anas di Roma, Milano e Cosenza.

Sequestrate disponibilità finanziarie per circa 800 mila euro considerate come profitti derivanti da corruzione. Nella seconda tranche dell’operazione risulterebbe coinvolto anche un politico, Marco Martinelli, 53enne parlamentare di Forza Italia a cui sarebbe stato notificato un avviso di garanzia. In totale sono 36 gli indagati.

IL PROVVEDIMENTO cautelare è stato emesso sulla scorta degli elementi acquisiti nel corso delle investigazioni eseguite dalle Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma, coordinate dalla Procura della Repubblica della Capitale. In particolare, gli inquirenti sarebbero partiti anche dalle ammissioni della dirigente Anas, Antonella Accroglianò - ribattezzata in quell’occasione proprio come la “dama nera”, da cui il nome della prima operazione - poi verificate dai militari.

I DETTAGLI DELLA NUOVA OPERAZIONE

Gli inquirenti ritengono di aver fatto luce su nuovi episodi illeciti perpetrati dallo stesso gruppo già coinvolto nella prima inchiesta. In pratica, altri dirigenti e funzionari dell’Anas, d’accordo con importanti imprenditori nazionali, sarebbero coinvolti in attività di corruzione, turbata libertà degli incanti, autoriciclaggio e favoreggiamento personale.

Più nel dettaglio, gli episodi corruttivi individuati sono sarebbero stati finalizzati a favorire l’aggiudicazione di gare d’appalto a determinate imprese, velocizzare l’erogazione relativi pagamenti, sbloccare i contenziosi, consentire la disapplicazione di penali sull’esecuzione di commesse pubbliche, assicurare indennizzi indebiti in relazione ad espropri: insomma - è la tesi degli investigatori - agevolare l’ottenimento di fondi maggiorati illecitamente.

Il tutto sarebbe avvenuto per anni. In cambio dei “favori” concessi abusando dei poteri derivanti dal loro incarico, i dirigenti della società e gli esponenti politici indagati avrebbero ottenuto “vantaggi” dai titolari delle aziende affidatarie delle commesse di opere pubbliche: quelli finora accertati si aggirano in circa 800 mila euro, l’importo sottoposto oggi a sequestro.

GLI APPALTI SOTTO LA LENTE DEGLI INQUIRENTI

Secondo la tesi investigativa, sarebbero stati anche falsati importanti appalti pubblici: dall’itinerario basentano (compreso il raccordo autostradale Sicignano-Potenza) alla SS 117 Centrale Sicula - quest’ultima cofinanziata dalla Regione Sicilia - entrambi aggiudicati nel 2014; alla SS 96 Barese e alla SS 268 del Vesuvio, arterie stradali aggiudicate nel 2012, arrivando fino a turbare la gara per la realizzazione della nuova sede Anas di Campobasso, opera aggiudicata nel 2011.

In questo contesto, spiegano ancora i militari, il politico indagato, proprio per il suo ruolo istituzionale, avrebbe garantito al titolare di un’importante impresa la nomina di un presidente di gara “non ostile”: l’imprenditore si sarebbe poi effettivamente aggiudicato l’importante appalto in Sicilia.

Stesso ruolo di intermediazione è stato contestato ad un legale romano, oggi arrestato: in pratica, sostengono ancora gli inquirenti, sarebbe stato l’intermediario, per conto di un’azienda romana, nella corresponsione alla Accroglianò di una “tangente” da 10 mila euro per ottenere una facilitazione nell’erogazione di pagamenti e per lo sblocco di contenziosi che erano in essere con l’Anas.

IL GIP: “UN MARCIUME DIFFUSO”

Ci va giù duro anche il Gip nel suo provvedimento definendo il tutto come “un marciume diffuso all’interno di uno degli enti pubblici più in vista nel settore economico degli appalti”, reso ancora più “sconvolgente”, dice, dalla facilità di intervento del gruppo per “eliminare una penale, aumentare interessi e facilitare il pagamento di riserve, nonché, ancora più grave, far vincere un appalto ad una società ‘amica, a discapito di altre risultate più meritevoli”.

Date le prove raccolte, gli specialisti del Gico hanno così eseguito i provvedimenti di custodia cautelare nei confronti delle seguenti persone: Antonella Accroglianò (cl. 1961), ai domiciliari; Concetto Albino Bosco Lo Giudice (cl. 1963) ai domiciliari; Emiliano Cerasi (cl. 1967) ai domiciliari; Giuseppe Colafelice (cl. 19589) ai domiciliari ma attualmente all’estero; Francesco Domenico Costanzo (cl. 1962) ai domiciliari; Oreste De Grossi (cl. 1956), in carcere; Antonino Ferrante (cl. 1961) ai domiciliari; Sergio Serafino Lagrotteria (cl. 1967), in carcere; Vincenzo Loconte (cl. 1956) ai domiciliari; Carmelo Misseri (cl. 1956) ai domiciliari; Andrea Musenga (cl. 1953) ai domiciliari; Elisabetta Parise (cl. 1972) ai domiciliari; Giovanni Parlato (cl. 1967), in carcere; Giuseppe Ricciardello (cl. 1947) ai domiciliari; Vito Rossi (cl. 1950), ai domiciliari; Giovanni Spinosa (cl. 1957), ai domiciliari; Paolo Tarditi (cl. 1957) ai domiciliari; A.V.(cl. 1961) ai domiciliari; S.V. (cl. 1937) ai domiciliari.

L’accusa è di corruzione per l’esercizio della funzione e per atto contrario ai doveri d’ufficio e turbata libertà degli incanti, autoriciclaggio, favoreggiamento personale e truffa.

Tra i dirigenti dell'Anas spa indagati c’è anche Stefano Liani. L’uomo è accusato di concorso in corruzione perché come Direttore Centrale Nuove Costruzioni dal primo maggio 2013 sarebbe stato "il materiale firmatario di atti di liquidazione di somme non dovute all'impresa Aleardi spa", riconducibile all'imprenditore Vito Rossi, a sua volta coadiuvato dal consulente Giuseppe Colafelice.

Secondo la Procura, Liani, i tre ex funzionari Anas arrestati Antonella Accroglianò, Giovanni Parlato e Sergio Lagrotteria e il responsabile dell'Organismo di Vigilanza interno all'Ente Alberto Brandani, "si facevano indebitamente promettere e consegnare da Rossi somme di denaro: in particolare l'Accroglianò riceveva 200mila euro dal 2011 al 2015, provvista dalla quale traeva la minor somma di 60mila euro dalla stessa consegnata a Brandani, mentre Lagrotteria e Parlato ottenevano una promessa imprecisata di denaro; quanto a Liani, "altre utilità per il tramite della società riconducibile al fratello".

Negli ultimi mesi, in relazione al riordino di cariche operato dal presidente di Anas, Gianni Vittorio Armani, anche alla luce dei primi arresti dello scorso ottobre, Liani era poi passato alla Direzione Progettazione e Realizzazione Lavori.

(Aggiornata alle 17:52)

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