“Vicino” al clan Tegano, sequestrati i beni ad imprenditore ortofrutticolo
È considerato in “stretta vicinanza” con la cosca dei Tegano di Reggio Calabria e, secondo gli inquirenti, avrebbe svolto un’attività di supporto alle azioni criminali del clan, forte del rapporto intrattenuto con il defunto Peppe Schimizzi e con suo cognato, Carmelo Barbaro, pluripregiudicato e personaggio di spicco della ‘ndrina.
Per Rosario Aricò, imprenditore 57enne con trascorsi nel settore dell’ortofrutta, è scattato oggi il sequestro dei beni: la Direzione Investigativa Antimafia del capoluogo, coordinata dalla Dda, ha apposto i sigilli, in particolare, ad un patrimonio composto da sei immobili (tra cui una villetta su tre piani, con garage e giardino, di notevole pregio e due appartamenti con garage, tra Reggio e Scilla), due autovetture e disponibilità finanziarie che sono ancora in corso di quantificazione.
Secondo gli investigatori Aricò sarebbe un soggetto socialmente pericoloso proprio in virtù della sua presunta appartenenza alla ‘ndrangheta, inoltre si sarebbe accertata una “evidente sproporzione” tra i redditi dichiarati dallo stesso e dal suo nucleo familiare, rispetto agli acquisti effettuati nel tempo.
L’imprenditore è stato coinvolto nell’operazione “Archi” e la Corte d’Appello reggina lo ha condannato a 6 anni e 8 mesi di reclusione, sentenza divenuta definitiva nel 2015, per associazione mafiosa, accusandolo appunto di essere “partecipe” della cosca dei Tegano.
Fondamentali, per le attività investigative, sono state anche le dichiarazioni rese sul suo conto dai collaboratori di giustizia Giovambattista Fracapane e Roberto Moio. Il provvedimento di sequestro di oggi è stato emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su proposta del Direttore della Dia, Nunzio Antonio Ferla.