“L’isola del vento”: confiscati i beni a Pasquale Arena, sigilli al mega parco eolico
Una maxi confisca di beni, per un valore di circa 350 milioni di euro, è stata eseguita dai finanzieri del Gico di Catanzaro nei confronti di Pasquale Arena, funzionario del Comune di Isola di Capo Rizzuto, che è ritenuto il “gestore occulto” degli affari della “Cosca Arena”, egemone sul territorio del crotonese.
L’operazione, denominata “L’isola del vento” e coordinata dal procuratore della repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Luberto e dal sostituto Domenico Guarascio, è scattata dopo il provvedimento emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Crotone su richiesta della Procura distrettuale.
Pasquale, nipote del noto capo clan Nicola Arena e fratello del boss Carmine Arena (ucciso a colpi di bazooka in un agguato mafioso nell’ottobre del 2004), era già stato destinatario di un precedente sequestro che aveva interessato, tra l’altro, il parco eolico denominato “Wind Farm” di Isola.
Le indagini economiche e patrimoniali svolte dalle fiamme gialle avevano ricondotto la realizzazione del parco eolico proprio alla Cosca Arena portanto a ritenere che Pasquale ne avesse curato gli interessi economici, rappresentandone, secondo gli inquirenti, la “Longa Manus”.
Gli investigatori sostengono che Pasquale Arena, attraverso un sistema articolato, basato su una fitta rete di società estere (con sede in Germania, Svizzera e Repubblica di San Marino) e detentrici formali delle quote sociali di tre aziende di Crotone e Isola Capo Rizzuto, avrebbe così avviato e realizzato, per conto e nell’interesse della cosca, il parco Wind Farm.
Le investigazioni della Guardia di Finanza di Catanzaro avrebbero dimostrato una discrasia tra la titolarità apparente dei beni e l’assenza di un’idonea capacità reddituale in capo a Pasquale Arena e tale da permettergli di sostenere l’intera operazione economica.
Pe questo la sezione misure di prevenzione del tribunale di Crotone, nello scorso mese di marzo, dispose già il sequestro di tre società e dei relativi complessi aziendali, tra cui il “Wind Farm”, il tutto per un valore, appunto, di circa 350 milioni.
La confisca disposta oggi arriva perché, secondo gli inquirenti, Arena non sarebbe stato in grado di dare una legittima giustificazione sulla provenienza dei beni.