Villa Aurora e quelle prestazioni pagate due volte: indagati manager e funzionari Asp

Reggio Calabria Cronaca

Esattamente un anno fa ne era scattato il sequestro (LEGGI) ed oggi un’altra tegola s’abbatte sulla clinica privata Villa Aurora di Reggio Calabria. Secondo gli inquirenti l’Asp avrebbe pagato per due volte delle prestazioni convenzionate col Servizio sanitario nazionale: in soldoni circa 6 milioni di euro. Scongiurando un altro pagamento, da 9 milioni.


Operazione Salus: così l’hanno chiamata gli investigatori della Guardia di Finanza che, coordinati dalla Procura del capoluogo dello Stretto, hanno notificato stamani un avviso di conclusione indagini a dieci persone, tra cui otto funzionari dell’Azienda Sanitaria Provinciale locale, ipotizzando i reati di tentata truffa aggravata ai danni dello Stato e di falso ideologico commesso dal privato in atti pubblici.

Il provvedimento è l’epilogo delle indagini condotte dal 2015 dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, quando furono acquisiti dai finanzieri, presso la stessa Asp, una serie di documenti relativi ad un atto di transazione tra il debitore (l’Azienda sanitaria appunto) e il creditore (Villa Aurora Spa), per il pagamento a quest’ultimo di circa 6 milioni di euro, tra sorte capitale ed interessi.

Il credito era relativo a delle prestazioni pregresse di varia natura - ambulatoriali, diagnostiche e specialistiche - in convenzione con il Ssn.

L’INDAGINE FINANZIARIA: UN LAVORO CERTOSINO

I militari si sono concentrati sulla verifica della certezza, liquidità ed esigibilità del presunto credito vantato nei confronti dell’ente pubblico e, a questo scopo, hanno svolto degli accertamenti bancari ed acquisito dell’altra documentazione sia presso le sedi dell’Azienda Sanitaria, dell’istituto bancario tesoriere pro-tempore della stessa e negli uffici regionali competenti.

Inoltre, dato che i documenti contabili esibiti dalla struttura sanitaria erano parziali, con un decreto dell’Autorità Giudiziaria è stata sequestrata l’intera contabilità della casa di cura per gli anni d’imposta che vanno dal 2008 al 2014.

Sono stati poi acquisiti i bilanci della clinica dai quali risultava che il valore complessivo dei crediti iscritti in bilancio nei confronti dell’Asp (di poco più di 2,9 milioni di euro) sarebbe stato sensibilmente inferiore rispetto alla “sorte capitale” inserita nella transazione di quasi 5,6 milioni.

Alla luce di questo carteggio ufficiale, i finanzieri hanno proceduto a ritroso, a partire dal 2008, verificando per ciascuna fattura inserita nell’atto transattivo il relativo pagamento.

IL DOPPIO E TRIPLO INCASSO

Da questa minuziosa ricostruzione si è giunti a ritenere che tutte le fatture richiamate nell’atto transattivo (come detto per circa 6 milioni), e vantate come credito dalla clinica, in realtà sarebbero state già state riscosse “in via ordinaria” nel corso degli anni, elemento che emergerebbe dalle annotazioni riportate sul libro giornale di Villa Aurora.

Non solo, la certosina analisi contabile avrebbe messo in luce come le stesse fatture già riscosse sarebbero state incassate una seconda volta, in questo caso a seguito di apposite azioni giudiziali avviate dalla stessa società nei confronti dell’Ente.

Infine, dagli accertamenti emergerebbe addirittura che parte del credito relativo alle fatture (per 3,3 milioni) sarebbe stato ceduto (a questo punto per il terzo pagamento) dalla clinica ad una società di factoring milanese, attraverso la stipula di un “contratto di cessione”.

Infine, con l’accordo transattivo del 2015, Villa Aurora avrebbe tentato di riscuotere indebitamente e per l’ennesima volta, sempre gli stessi 6 milioni di euro. Accordo di fatto annullato successivamente in autotutela, proprio grazie alle investigazioni della Guardia di Finanza.

I FUNZIONARI ASP E LE FALSE ATTESTAZIONI SULLA TRANSAZIONE

Al termine delle indagini, la Procura di Reggio Calabria ha emesso così un avviso di conclusione indagini in relazione ai reati di falsità ideologica commessa privati in atto pubblico e truffa ai danni dello Stato o di altro ente pubblico, quest’ultimo “a titolo di tentativo”, nei confronti delle dieci persone tra le quali vi sono, oltre al rappresentante legale protempore di Villa Aurora e al referente dell’Advisor contabile (la società incaricata dal 2009 della ricognizione dei debiti pregressi del comparto sanitario calabrese), anche i funzionari Asp che facevano parte del gruppo di lavoro costituito appositamente per la gestione dei ritardi nei pagamenti dei debiti dell’Azienda Sanitaria fino al 2012.

Tra gli indagati anche i responsabili protempore dell’Ufficio Programmazione e Bilancio e dell’Ufficio Economico-Finanziario dell’Asp che, “con artifici e raggiri” – secondo gli inquirenti – avrebbero dichiarato falsamente che la clinica non aveva mai ricevuto le somme relative alla transazione del 3 marzo 2015.

Secondo gli investigatori, in particolare, non avrebbero infatti eseguito i controlli di loro competenza e rilevato che le somme oggetto della transazione erano in realtà già state incassate in precedenza all’esito di procedure esecutive definitive.

Inoltre avrebbero posto in essere atti diretti in modo non equivoco, inducendo in errore il Direttore Generale dell’Asp relativamente alla fondatezza del credito vantato da Villa Aurora, commettendo il reato di tentata truffa, consentendo alla struttura privata di poter incassare 5,6 milioni per “sorte capitale” e altri 481 mila euro come interessi di mora (per un totale appunto di circa 6 milioni).

Pagamento che fortunatamente non si è poi concretizzato per l’intervento di accurate verifiche che portarono all’annullamento in autotutela della delibera di transazione.

IL SEQUESTRO DEL MAGGIO SCORSO

L’avviso di conclusione delle indagini preliminari segue il provvedimento di sequestro d’urgenza del 95% del capitale sociale di Villa Aurora e dell’immobile sede della stessa Casa di Cura disposto, nel maggio 2017, dalla Procura al termine delle investigazioni eseguire dai militari del Nucleo di Polizia Economico- Finanziaria (LEGGI).

In quell’ambito vennero ipotizzarti diversi presunti episodi di distrazione delle disponibilità patrimoniali e finanziarie dell’azienda da parte dei soci e dei rappresentanti legali succedutisi a partire dal 2014.

In particolare, dalla ricostruzione effettuata, sarebbe emerso allora che nell’agosto del 2014, il 95% del capitale della clinica, di circa 1,1 milioni, sarebbe stato ceduto alla Gruppo Sant’Alessandro Spa, una società che ha sede a Frosinone e costituita poco tempo prima, nell’aprile 2014, con un capitale di 120 mila euro, dei quali versati solo 30mila, ripartito tra due soci.

L’AZIENDA IN CRISI E IL “GIRO” DI SOCIETÀ

Sarebbe stata così pattuita la vendita delle azioni con un pagamento rateale e a garanzia di quest’ultimo accesa una fidejussione rilasciata da un intermediario finanziario dichiarato fallito nel 2015 dal Tribunale di Roma.

Successivamente, con dei bonifici eseguiti tra il marzo e l’ottobre del 2015, Villa Aurora Spa avrebbe erogato alla capogruppo un finanziamento da 1,2 milioni, nonostante la crisi economica della casa di cura che aveva nel frattempo portato all’applicazione, tra i dipendenti, di un contratto di solidarietà attraverso il quale gli stessi rinunciavano, per mantenere i livelli occupazionali, al 20% della retribuzione.

Gli inquirenti avrebbero accertato poi che nell’ottobre del 2016, la capogruppo avrebbe venduto il proprio pacchetto azionario della casa di cura, per 1,4 milioni, ad un’altra società, la Grs Srl Unipersonale di Sora (Frosinone), il cui socio unico era, peraltro, uno dei soci della stessa capogruppo.

Per le ingenti perdite causate a Villa Aurora da queste operazioni, l’intero capitale sociale della stessa fu azzerato, con la conseguente trasformazione in Srl e con capitale di 10 mila euro.

Infine, nel mese di maggio 2017, la quota del 95% sarebbe stata nuovamente ceduta a favore di un altro soggetto “etero-diretto” dal principale indagato facendo emergere altre condotte “volte ad ostacolare l’attività dell’organo di controllo”.

Alla luce di tutto ciò gli inquirenti hanno valutato la sussistenza gravi indizi relativi ai reati di false comunicazioni sociali, truffa aggravata e appropriazione indebita aggravata, in capo ai diversi soci ed amministratori che nel corso del tempo si erano succeduti nella gestione e amministrazione della Casa di Cura.

Per gli investigatori, alla base dell’acquisizione del pacchetto azionario della società vi sarebbe stato il solo fine di depauperare il patrimonio della stessa. Per questo la Procura ne aveva disposto il sequestro preventivo d’urgenza del 95% del capitale sociale oltre che dell’immobile (di valore stimato in 8,9 milioni) dove ha sede la clinica, con la contestuale nomina di un amministratore giudiziario.