Scacco alla cosca Facchineri, “dominava” in Val d’Aosta: 13 arresti

Reggio Calabria Cronaca

Che operassero in Valle d’Aosta, o altrove, nulla importava: gli imprenditori, le attività economiche avviate da persone originarie di San Giorgio Morgeto dovevano comunque dar conto alla cosca e alla rispettiva “locale” di ‘ndrangheta del loro paese d’origine.


È questo ed in sintesi un punto focale dell’operazione “Altanum”, scattata stamani all’alba tra le province di Reggio Calabria, Bologna e Aosta, dove carabinieri del Comando Provinciale della città dello Stretto e i loro colleghi dei reparti competenti territorialmente, hanno eseguito un’ordinanza di custodia di custodia cautelare che ha portato in carcere 12 persone, mentre un’altra è stata sottoposta invece ai domiciliari (LEGGI).

Al centro dell’inchiesta, coordinata dalla Procura distrettuale reggina, diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, la cosca dei Facchineri e la collegata “locale di San Giorgio”.

A finire tra le sbarre sono stati: Giuseppe Facchinieri, 59enne di Cittanova; Giuseppe Chemi, 59enne di Taurianova; Roberto Raffa, 43enne di Taurianova; Vincenzo Facchinieri, 52enne di Cittanova; Giuseppe Facchineri, 49enne di Cittanova; Michele e Vincenzo Raso, entrambi di San Giorgio Morgeto e rispettivamente di 57 e 66 anni; Giorgio e Vincenzo Raffa, anche loro di San Giorgio e di 49 e 43 anni.

Così come dello stesso comune sono Tommaso Fazari, 58 anni; Giuliano e Raffaele Sorbara, 46anni il primo e 49 il secondo. Mario Gaetano Agostino, 75enne nato a Carpanzano, nel cosentino, è invece l’unico finito ai domiciliari.

Le accuse contestate a vario titolo sono di associazione di tipo mafioso (per il solo Giuseppe Facchineri, anche di estorsione aggravata dal metodo mafioso), essendo tutti ritenuti appartenenti alla cosca di Cittanova e alla “locale”, organizzazioni di matrice ‘ndranghetistica riconducibili al mandamento tirrenico della provincia di Reggio Calabria.

L’AVVIO DELLE INDAGINI

L’attività investigativa è stata avviata dai carabinieri di Taurianova - coordinati dal Procuratore Aggiunto Calogero Gaetano Paci e dal Sostituto Gianluca Gelso - a seguito di quanto emerso dall’indagine “Crimine” che, nel 2010, aveva sancito l’esistenza, appunto a San Giorgio Morgeto, di una locale con a capo Mario Gaetano Agostino, oggi finito ai domiciliari (LEGGI).

Sebbene assolto dall’accusa, il materiale acquisito nell’ambito di quel procedimento penale avrebbe permesso ai militari di avviare una attività investigativa più specifica, con lo scopo di individuare i presunti appartenenti alla locale e comprovarne la loro operatività attuale.

Le attività tecniche e dinamiche eseguite dagli investigatori hanno portato a documentare, infatti ed innanzitutto, quest’ultimo punto, facendo anche luce sul ruolo ricoperto dai rispettivi e presunti sodali.

L’ORGANIGRAMMA DELLE DUE CONSORTERIE

La tesi è che quanto al clan, al vertice vi sarebbero stati: Giuseppe Facchinieri, detto “il professore”; il fratello Vincenzo; e Roberto Raffa, cognato dei Facchinieri, che sarebbe stato il basista in Valle d’Aosta; Giuseppe Chemi, Salvatore e Giuseppe Facchineri (quest’ultimo detto “Scarpina”), che per conto della cosca si sarebbe occupato anche delle estorsioni nel reggino.

Quanto alla locale, invece, a capo si ritiene vi fosse appunto Mario Gaetano Agostino, ma anche i nipoti Raffaele e Giuliano Sorbara; i fratelli Michele e Vincenzo Raso (da tempo punto di riferimento in Valle d’Aosta); i fratelli Vincenzo e Giorgio Raffa, cognati dei Raso; e Tommaso Fazari.

Gli inquirenti si dicono poi certi di poter dimostrare il penetrante controllo del territorio” da parte delle due cosche, oltre che i relativi interessi illeciti, in particolare quanto agli appalti sui lavori pubblici, ai tagli boschivi, alla compravendita dei terreni e all’assunzione dei lavoratori da parte delle aziende locali.

I clan avrebbero avuto poi proiezioni nel territorio valdostano, dove risiedono svariati soggetti originari di San Giorgio Morgeto, e risultati collegati con alcuni degli indagati di oggi.

Infine, e non per ultimo, i due gruppi avrebbero potuto contare anche sulla disponibilità di armi e munizioni, “necessarieper imporre la propria volontà mafiosa, soprattutto ricorrendo sistematicamente a minacce, estorsioni e danneggiamenti.

LE FIBRILLAZIONI E L’EFFERATO OMICIDIO DI SALVATORE RASO

Come dicevamo, durante le indagini sarebbero dunque emersi i ruoli degli indagati nell’ambito della cosca Facchineri e della locale, oltre che ovviamente i rispettivi interessi.

Gli investigatori avrebbero documentato quella che definiscono come una fibrillazione nata nel 2011 tra i due sodalizi, “entrambi - spiegano i militari - determinati a mantenere il proprio predominio nel territorio di San Giorgio Morgeto”.

In questo contesto sarebbe maturato un omicidio, quello di Salvatore Raso, considerato esponente della locale ed ammazzato il 16 settembre del 2011 in località Sant’Eusebio, nei pressi della sua abitazione (LEGGI).

Dalle modalità con cui fu eseguito l’efferato fatto di sangue - nei confronti della vittima vennero esplosi ben 10 colpi di pallettoni, uno dei quali lo attinse alla nuca - e dagli esiti degli accertamenti di allora, sarebbe infatti emerso e fin da subito che la chiave di lettura dell’omicidio non fosse da ricercare in un episodio isolato, quanto invece in un ben più ampio ed articolato contesto della criminalità organizzata.

Alla base dell’agguato, sostengono gli inquirenti, vi sarebbero stati proprio i contrasti generati da un tentativo di estorsione - promossa da due esponenti dei Facchineri - ai danni di altrettanti imprenditori che operavano in Valle d’Aosta ma che era originari di San Giorgio.

Per questo fatto, avvenuto tramite atti intimidatori e lettere minatorie, vennero condannati in via definitiva Giuseppe Facchinieriil professore”, Giuseppe Chemi e Roberto Raffa.

In particolare, in uno dei due episodi, l’imprenditore vittima dell’estorsione si sarebbe rivolto ai fratelli Michele, Salvatore e Vincenzo Raso, a cui avrebbe chiesto un aiuto per evitare le pretese del clan. E proprio il conseguente intervento dei Raso a suo favore li avrebbe messi in netto contrasto con Giuseppe Facchineri e i suoi presunti sodali, gettando le premesse per l’omicidio di Salvatore Raso.

GLI IMPRENDITORI CHE DOVEVANO DAR CONTO ALLA COSCA

Gli esiti delle investigazioni condotte dai Carabinieri di Taurianova - e compendiate nel provvedimento di oggi insieme alle risultanze delle indagini svolte dalla Dda di Torino - avrebbero pertanto offerto una chiave di lettura più approfondita della tentata estorsione, collocandola nel contesto mafioso poiché volta, da una parte, a far conseguire ai Facchineri il relativo vantaggio economico del fatto, e dall’altra ad affermare il principio che, pur operando in un’altra regione d’Italia, le attività economiche dei sangiorgesi avrebbero comunque dovuto “dare conto alla famiglia mafiosa predominante nell’area di provenienza”.

Infine, nel delineare l’asserita rilevanza dei ruoli dei singoli indagati nell’ambito della locale di San Giorgio e le dinamiche interne al sodalizio, le indagini avrebbero evidenziato l’attualità dei collegamenti fra questi e alcuni affiliati alla locale di ‘ndrangheta della Valle d’Aosta.

Una circostanza che si salderebbe coerentemente con i recenti esiti di un’altra indagine, quella denominata “Geenna” (QUI), eseguita dal ROS e dai Carabinieri di Aosta sotto il coordinamento della Dda di Torino, e nel gennaio scorso aveva portato all’esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare a carico, fra gli altri, di 9 soggetti (alcuni dei quali anch’essi originari di San Giorgio Morgeto) accusati di associazione mafiosa, in quanto ritenuti affiliati alla locale aostana (LEGGI).