Saggio Compagno: domiciliari al cinquefrondese Raffaele Petullà
La Corte di Appello di Reggio Calabria (Cinzia Barillà, presidente, e Elisabetta Palumbo e Luigi Verrecchione, consiglieri), infatti accolto l’istanza presentata degli avvocati Antonino Napoli e Maria Carmela Macrì, e ha concesso i domiciliari a Raffaele Petullà, recentemente assolto dalla Corte dal reato di associazione a delinquere di stampo mafioso per aver fatto parte, con “competenza specifica e quasi esclusiva” nel settore delle estorsioni, della locale operante nei comuni di Cinquefrondi, Anoia e nelle località limitrofe, inserita nel mandamento tirrenico della provincia reggina.
Il cinquefrondese era stato arrestato nell’ambito dell’operazione “Saggio Compagno” (QUI) in quanto accusato, oltre che di associazione mafiosa, anche di estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni dell’imprenditore boschivo Michelangelo Cartolano.
Gli indizi a carico di Petullà sono derivati dalle conversazioni e dalle immagini captate nelle vicinanze e nell'abitazione di Giuseppe Ladini.
Dalle immagini sarebbe emerso che, arrivato il trattore di Michelangelo Cartolano, condotto da Spanò, vicino l’abitazione del Ladini, è stato dopo poco affiancato da un’auto dalla quale si vedevano scendere tre persone di giovane età, poi riconosciuti dagli investigatori in Angelo Petullà e Raffaele Petullà (27enne) e Francesco Sarleti, i primi due cugini in quanto figli di due sorelle.
Dopo essere scesi dal veicolo, i cugini Petullà hanno iniziato a discutere con il conducente del trattore, fino a quando nelle immagini si è visto Angelo salire sulla cabina ed aggredire fisicamente Spanò, rimasto a bordo del mezzo.
Ladini e Valerioti sono usciti dal cancello dell’abitazione e si sono avvicinati ai soggetti coinvolti nella discussione, con cui si sono intrattenuti a parlare; dalla successiva conversazione ambientale captata presso l’abitazione del Ladini è poi emerso il disappunto del Ladini per la scelta dei Petullà di affrontare lo Spanò innanzi alla sua abitazione.
I Petullà hanno contestato allo Spanò di aver abbattuto alcuni alberi di faggio ai quali erano interessati, mentre Spanò ha rivendicato la legittimità del suo comportamento, sostenendo che il suocero si era regolarmente aggiudicato l’appalto per il taglio degli alberi in questione e precisando di avere richiesto ed ottenuto il consenso del locale di ‘ndrangheta di Cinquefrondi, e di avere puntualmente “pagato” il benestare concessogli dai cinquefrondesi.
Per il reato di estorsione aggravata Angelo Petullà è stato condannato a sei anni e mesi quattro di reclusione mentre, come detto, è stato assolto dal reato di associazione mafiosa.
Gli avvocati Napoli e Macrì, all’esito della lettura della sentenza, hanno chiesto l’attenuazione della massima misura cautelare con i domiciliari sul presupposto che la sentenza della Corte di Appello costituisce un elemento di novità, avendo assolto l’uomo dal reato di 416 bis, per il quale è prevista la presunzione assoluta dell’adeguatezza della custodia carceraria, ed essendo stato condannato per il solo reato di estorsione aggravata, per il quale la presunzione non sussiste.
La Corte di Appello, nonostante il parere negativo della Procura Generale, ha accolto l’istanza di sostituzione della misura cautelare adeguando la posizione di Raffaele Petullà a quella del cugino coimputato Angelo Petullà, anch’egli difeso dall’avvocato Napoli, già da tempo ai domiciliari.