‘Ndrangheta. Saggio Compagno, 34 condanne in primo grado. Assolti in otto

Reggio Calabria Cronaca

Il processo di primo grado scaturito dall’operazione della Dda reggina denominata “Saggio Compagno si chiude con otto assoluzioni e ben 34 condanne.

Secondo i magistrati non vi sarebbero dunque gli estremi per procedere nei confronti di Francesco Oliveti, l’investigatore della polizia giudiziaria di Polistena, accusato di avere riferito a Rocco Ieranò di essere intercettato.

Gli inquirenti contestavano al poliziotto anche di aver passato dati investigativi a un altro pregiudicato. Per Oliveti la procura antimafia aveva chiesto due anni e otto mesi di reclusione.

Assolti anche Armando Foti, Salvatore Foriglio, Michele Ierace (classe 1991), Domenico Ladini, Diego Lamanna, Maurizio Monteleone e Vincenzo Papasidero.

Condannati, invece, e con accuse a vario titolo di associazione mafiosa e altri reati: Salvatore Bono (1 anno e 8 mesi); Antonella Bruzzese (10 anni); Salvatore Cuturello (10 anni e 4 mesi); Renato Fonti (8 anni); Fortunato Foriglio (17 anni e 4 mesi); Rocco Foriglio (4 anni e 4 mesi); Saverio Foriglio (16 anni); Attilio Giorgi (7 anni e 8 mesi); Francesco Giorgi (6 anni e 8 mesi); Michelangelo Iannone (8 mesi); Renato Iannone (2 anni e 8 mesi); Francesco Ierace (14 anni).

Ed ancora: Michele Ierace (13 anni); Orazio Ierace (9 anni); Raffaele Ierace (14 anni); Rocco Francesco Ieranò (4 anni e 4 mesi); Giuseppe Ladini (20 anni); Nicodemo Lamari (10 anni e 4 mesi); Angelo Napoli (8 anni); Saverio Napoli (cl. 64, 12 anni); Saverio Napoli (cl. 85, 5 anni e 8 mesi); Angelo Petullà (9 anni); Antonio Petullà (9 anni); Raffaele Petullà (9 anni e 4 mesi); Rocco Petullà (16 anni); Salvatore Petullà (1 anno e 4 mesi); Rocco Pizzinga (4 anni e 8 mesi); Fabio Porcaro (11 anni); Maurizio Pronestì (6 anni); Salvatore Romeo (1 anno e 4 mesi); Rocco Varacalli (6 anni e 8 mesi); Giuseppe Vigliante (6 anni); Michele Vomera (3 anni) e Pasquale Zaita (2 anni).

IL BLITZ

L’operazione Saggio Compagno scattò all’alba del 15 dicembre del 2015 a Reggio Calabria, Roma, Verbania e Vibo Valentia quando i Carabinieri eseguirono il fermo di 36 persone accusare a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, porto e detenzione di armi da guerra e comuni da sparo, ricettazione, rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, favoreggiamento personale, traffico e detenzione illecita di stupefacenti, estorsione, furto, spendita e introduzione nello Stato di monete false, danneggiamento.

Le indagini iniziarono però due anni prima, nel novembre del 2013, avvalendosi delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.

Gli inquirenti ritennero di aver delineato gli assetti e l’appartenenza degli indagati alle coschePetullà”, “Ladini” e “Foriglio”, ritenute come delle articolazioni autonome della Locale di ‘ndrangheta di Cinquefrondi.

La tesi era che con le intimidazioni la cosca mirava al controllo e allo sfruttamento delle risorse economiche della zona anche acquisendo, sia direttamente che indirettamente, la gestione di attività economiche, soprattutto quelle degli appalti boschivi.