Operazione Saggio Compagno, confermato il carcere per cinque imputati
Si è pronunciata lo scorso 12 novembre la Corte d’Appello di Reggio Calabria, rigettando la tesi della difesa di cinque imputati nel processo nato a seguito dell’operazione Saggio Compagno (QUI), svolta a cavallo tra il 2014 ed il 2015.
Il lungo percorso giudiziario era giunto sino al ricorso in Cassazione, ma gli ermellini hanno ritenuto “insussistenti le doglianze avanzate dalle difese” confermando l’applicazione della condanna da scontare in carcere.
Confermata dunque la sentenza a 9 anni ed 8 mesi per il settantaseienne Costantino Tripodi, ritenuto capo locale dell’associazione e definito “talmente intraneo ai segreti della ‘ndrangheta da averne preso parte ai riti di affiliazione che sancivano l’ingresso dei nuovi picciotti nelle consorterie e che servivano a regolamentare i rapporti interni ed esterni alle ‘ndrine”.
Ricalcolata in 7 anni e 6 mesi, invece, la condanna per il settantatreenne Antonio Zangari, ritenuto intraneo alla cosca con la dote di Vangelo, in qualità di capo società e contabile della locale di Cinquefrondi.
Confermati poi 4 anni e 4 mesi di reclusione per il quarantanovenne Ettore Crea, custode di diverse armi da guerra di provenienza illecita scoperte durante il blitz, tra cui un fucile mitragliatore: già arrestato nel 2014, gli è stata commutata una multa di 6 mila euro.
Sono 4 anni e 5 mesi, poi, per il quarantaduenne Francesco Longordo, con un residuo di pena di 6 mesi per aver già scontato parte della condanna tra domiciliari e custodia cautelare.
Con l’inchiesta Saggio Compagno, i Carabinieri, coordinati dalla Dda di Reggio Calabria, avevano infatti dato esecuzione a tre provvedimenti restrittivi nei confronti rispettivamente di 36, 29 e 19 persone.
Al blitz si arrivò al termine di una indagine che permise di documentare come i vertici delle famiglie Forigilio, Petullà e Ladini nel tempo fossero riuscite, grazie alla forza di intimidazione che scaturiva dal vincolo associativo e dalle conseguenti condizioni di assoggettamento e omertà che ne derivavano, ad imporre il loro volere sul territorio dei di Cinquefrondi e di Anoia, assicurandosi anche il controllo del fiorente settore degli appalti boschivi e di ogni attività ad esso strumentale.
A far luce sulle dinamiche della cosca erano state le dichiarazioni di un intraneo al sodalizio, poi divenuto un collaboratore di giustizia, che permise di documentare la strategia e gli obiettivi del presunto boss di Cinquefrondi.
Riconosciutogli il favoreggiamento personale del boss, con elusioni sistematiche delle investigazioni ed operazioni di “bonifica” dell’auto, per timore di intercettazioni audio e video.
Infine, dovrà scontare alti 6 anni di reclusione il trentacinquenne Antonio Racco, unico degli imputati attualmente ancora in carcere, già condannato nel 2017 per aver condotto un fiorente traffico di droga. La sua attività sarebbe stata ricollegata alla ‘ndrina.
Disposte, per tre dei cinque arrestati, anche la libertà vigilata per tre anni dalla fine della detenzione, mentre per tutti è stata sancita l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni e la revoca delle prestazioni previdenziali.
Tutti gli imputati sono stati arrestati nel corso della notte e condotti presso il carcere di Palmi.