“Genesi”. Petrini fiume in piena: rivelazioni su “regalini” e assegno da 100 mila euro
Il giudice Marco Petrini - coinvolto nell’operazione “Genesi” (QUI) e ad oggi collaborante con la giustizia - è un fiume in piena e per oltre sei ore avrebbe rilasciato dichiarazioni ai pm della Procura di Salerno ammettendo di essersi fatto corrompere con grosse somme di denaro per “sistemare” i processi in Corte d’Appello.
A verbale ci sono 19 pagine - di cui sei coperte da omissis - dove Petrini nelle sue rivelazioni ha tirato in ballo anche Emilio Santoro, detto “Mario”, e i “regalini” che da questi avrebbe ricevuto.
Tra cui spunta un assegno di 100 mila euro, rinvenuto dai militari della Guardia di finanza a casa di Santoro durante la perquisizione domiciliare effettuata nel corso del blitz e oggi agli atti - sul quale il magistrato ha rilasciato il suo racconto collegandolo al processo a carico di Antonio Saraco.
“Mi ha esibito un assegno bancario interamente compilato emesso a mio nome Marco Petrini come beneficiario dell’importo di centomila euro che mi disse essergli stato consegnato dall’avvocato Francesco Saraco, figlio di Saraco Antonio”, ha detto Petrini riferendosi a Santoro e precisando che quel denaro sarebbe stata la garanzia per un suo intervento nel processo di secondo grado allo scopo di arrivare all’assoluzione dell’imputato.
Il magistrato avrebbe aggiunto di non aver “schifato” il regalino ma poiché l’assegno riportava il numero di conto corrente di Francesco Saraco fece una richiesta a Santoro.
“Gli dissi di trattenere e custodire l’assegno in garanzia anche perché ritenevo molto pericoloso per me custodire questo documento decisamente compromettente”, rivela Petrini.
Il 17 luglio dell'anno scorso, però, la Corte d’Appello presieduta dal giudice De Franco (a latere Bianchi e Luzzo) confermarono le pene in primo grado. Niente assoluzione, quindi. Petrini avrebbe incontrato qualche giorno dopo Santoro che avrebbe chiesto chiarimenti sulla vicenda.
“Io dissi che la sentenza sarebbe stata annullata (dalla Cassazione ndr) e che pertanto il collegio da me presieduto avrebbe assunto la titolarità del giudizio di rinvio come da tabella vigente”.
Questo quanto sostenuto da Petrini in merito all’incontro precisando nel verbale di conoscere i tre magistrati della Corte di Cassazione che prima prestavano le loro funzioni nella Corte d’Appello di Catanzaro ma di non aver mai parlato con nessuno di loro del processo a carico di Antonio Saraco.
Oltre all’assegno Petrini mette a verbale che c’erano tra i regali promessi anche un appartamento di 200 metri quadri nell’hinterland milanese, un braccialetto di brillanti e anche un’auto, una Smart, nonché una bustarella di 10 mila euro incassata in seguito alla sentenza di dissequestro con la quale venivano restituiti i beni alla famiglia Saraco.
Petrini non si tira in dietro e non nega che questi “regali” gli facevano comodo. “Tutte le somme che ho ricevuto a titolo corruttivo di cui ho parlato e di cui riferirò le ho utilizzate per far fronte all’indebitamento che avevo accumulato a seguito della separazione della mia prima moglie e per il mantenimento dei miei figli ed in parte per condurre una vita piacevole. A queste spese vanno aggiunte quelle, non indifferenti, che ho sostenuto per le cure di cui necessita il secondo figlio di mia moglie”. Ha dichiarato il magistrato che nella sue “pesanti” rivelazione scagiona i consiglieri a latere precisando: “Non erano in alcun modo partecipi, né consapevoli dell’accordo corruttivo”.