Abramo Customer Care, Usb: “Concordato è anticamera del fallimento”

Crotone Attualità
L'Abramo Customer a Crotone

Dura presa di posizione dell’Unione Sindacale di Base sulla decisione del call center Abramo Customer Care di intraprendere la strada del concordato preventivo, scelta “per cercare di evitare, all’ultima curva, il fallimento aziendale”.

I dubbi mossi dal sindacato riguardano la scarsa trasparenza dell’azienda, che avrebbe presentato l’istanza “in assoluta solitudine” annunciandolo solo a seguito di alcune indiscrezioni di stampa".

L’attenzione del sindacato è tutta "sui rischi dell’operazione, dove si potrebbe arrivare a cede “parti dell’attività a un soggetto terzo e si arriva alla possibile liquidazione di parte del patrimonio per usare il ricavato per sanare i crediti. Tutti i creditori poi hanno la facoltà di chiedere la risoluzione del concordato per mancata costituzione delle garanzie promesse. Su tutto aleggia infine la decisione del tribunale e il giudizio dell’adunanza dei creditori. Senza il via libera di questi due soggetti il concordato fallisce”.

La posizione della Sigla sarebbe giustificata dal fatto che non si conosce la mole di debito raggiunto dalla società, e per tanto è impossibile stimare se un piano di risanamento possa essere efficace.

Lo stesso sindacato ricorda che il precedente piano industriale è stato archiviato lo scorso 29 settembre, in quanto non è riuscito a produrre i risultati sperati.

“Una società con una mole di debito che ancora non conosciamo e che soprattutto ricorre ad alcune mosse di ‘finanza creativa’ e chiede il concordato, ha tutte le sembianze in modo soft di un preludio alla liquidazione dell’azienda”, dichiara Antonio Jiritano, definendo l’azienda come “la Parmalat catanzarese”.

“Continuiamo a sostenere e consideriamo nuovamente non soddisfatte nella tutela dei diritti del lavoratore in quanto soggetto contraente debole e cittadino sociale sotto protetto. Il concordato ha tempi lunghi, per le retribuzioni pregresse e soprattutto per il mantenimento dei livelli occupazionali. Quello che appare all’orizzonte è il più grande fallimento aziendale, unica certezza di un’azienda che distribuiva precarietà nella storia catanzarese”, conclude.