I fanghi di smaltimento usati in opere stradali: sei arresti nell’operazione “Keu”
Non solo traffico internazionale di droga. La Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo ha avviato alle prima luci dell’alba un’ulteriore operazione tra Calabria, Toscana ed Umbria, rivolta ad un altro noto settore d’interesse della criminalità organizzata: lo smaltimento illecito di rifiuti.
È stata soprannominata operazione “Keu”, dal nome degli inerti prodotti dai fanghi di scarto dei conciatoi, ed ha coinvolto oltre 130 Carabinieri Forestali e del Nucleo Tutela Ambientale tra Crotone, Firenze, Pisa, Arezzo, Terni e Perugia.
Sei gli arresti, cinque in carcere ed uno ai domiciliari, assieme a sette interdizioni aziendali, due i sequestri preventivi di impianti per la gestione dei rifiuti: oltre 60 le perquisizioni e sigilli a beni per oltre 20 milioni di euro.
IL “SISTEMA” DELLE CONCIE
Alla base del sistema criminale questa volta troviamo gli scarti di lavorazioni delle concerie, in particolar modo quelle riferite ad una specifica associazione, quella dei Conciatori di Santa Croce sull’Arno, coinvolti direttamente nella vicenda assieme ad alcuni consorzi.
I fanghi e gli scarti derivati dalla lavorazione delle pelli animali necessiterebbero di particolari sistemi di trattamento, smaltimento e stoccaggio, in quanto altamente contaminanti: una rigida filiera che permetterebbe il riciclo totale di tali fanghi, denominato per l’appunto “Keu”, e dunque piuttosto costosa.
Anziché seguire questo percorso, i fanghi recuperati dal complesso industriale di Aquarno sarebbero stati inviati ad un impianto di produzione di materiale edile, che li avrebbe miscelati con inerti e prodotti utilizzati poi per l’edilizia.
LA ‘NDRANGHETA E L’APPALTO STRADALE
Di particolare rilievo e gravità sarebbe lo smaltimento illecito di circa 8 mila tonnellate di tali rifiuti, debitamente mischiati a materiale edile, nella costruzione del quinto lotto stradale della 429 empolese.
Un intero tratto di strada che sarebbe stato realizzato dunque con materiali abusivi e potenzialmente inquinanti, grazie all’intreccio della cosca in diversi settori del mondo produttivo.
Il titolare dell’impianto di trattamento, l’imprenditore crotonese Francesco Lerose, avrebbe avuto contatti proprio con alcuni elementi di spicco del clan Gallace, che erano riusciti ad ottenere il subappalto del movimento terra nella costruzione dell’arteria stradale.
È quanto sarebbe emerse nel corso di una ulteriore indagine della Dda di Firenze, denominata “Calatruria” (QUI), che si somma alla principale operazione, “Molo 13” (QUI), scattata anch’essa sempre questa mattina.
“INQUINAMENTO AMBIENTALE SCRITERIATO”
Nel corso delle indagini, avviate nel 2018, sarebbe emersa in più occasioni la totale mancanza di sensibilità per l’ambiente e per il territorio, da parte di tutti gli interessati.
Proprio nei pressi del depuratore Acquarno infatti si sarebbe riscontrato il rilascio di acque non adeguatamente depurate, che avrebbero messo a pericolo di contaminazione il suolo e le falde del canale Usciana.
Allo stesso modo, il materiale recuperato ed impiegato nella costruzione è stato definito “un vero e proprio rifiuto”, impiegato sistematicamente tanto nelle opere edilizie quanto nella realizzazione del sottofondo stradale.
Una realtà che delinea anche un certo “peso economico”, come scritto dagli stessi militari, che porta i vari referenti del sodalizio ad avere contatti continui e diretti con il mondo istituzionale e politico: soggetti che avrebbero agevolato, in modo diretto o indiretto, il sistema.