Clan degli zingari. La Dda chiede il processo per ottanta indagati
La Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro ha chiesto il processo per ottanta persone coinvolte nell’indagine che nell’aprile dell’anno scorso anno portò ad indagare i presunti appartenenti al clan dei nomadi (QUI), la cosca Passalacqua-Bevilacqua, operativa nel capoluogo di regione ma ritenuta sottoposta al controllo e alla “signoria” del locale di ‘ndrangheta di Isola Capo Rizzuto, nel crotonese.
Tra le figure più in vista dell’inchiesta Luigi Vecceloque Pereloque, Massimo Bevilacqua, Vincenzo Berlingeri, Domenico Passalacqua (classe '73), Ernesto Bevacqua, Luciano Bevilacqua e Massimo Berlingeri, considerati esponenti di rilievo del clan, accusati di associazione mafiosa e, a vario titolo, anche di una lunga serie di estorsioni, di procurata inosservanza della pena, delitti in materia di armi, di ricettazione, rapina, furto e corruzione.
Il Giudice per le indagini preliminari, Chiara Esposito, ha fissato l'udienza preliminare, che si terrà nel mese prossimo, esattamente l’8 di febbraio.
Tra le attività finite sotto la lente degli inquirenti anche il traffico di droga, che sarebbe stato collegato direttamente alla famiglia dei Mannolo di San Leonardo di Cutro, sempre nel crotonese, dove si sarebbe trovata la base logistica per il rifornimento e l’occultamento della cocaina.
Un “ponte” che - sempre in base all’ipotesi della Dda - sarebbe nato grazie ai legami di parentela creatisi tra i Mannolo e i Passalacqua.
Nella maglie dell’inchiesta è finito anche Domenico Sacco, assistente della polizia penitenziaria che presta servizio a Catanzaro.
Per gli inquirenti, essendo in contatto diretto e continuo con i detenuti della casa circondariale di Siano, avrebbe fornito un contributo definito “decisivo” al funzionamento dell’organizzazione garantendo assistenza e veicolando messaggi ai carcerati, mettendoli anche in guardia sull’eventualità che fossero intercettati.
A Sacco di contesta poi la corruzione poiché si ritiene si sia fatto promettere e dare denaro e altre regalie per fare entrare in carcere beni non consentiti o per veicolare messaggi.
Le indagini - condotte dalla Squadra mobile di Catanzaro - avrebbero consentito di far luce, per la prima volta, sull’operatività e sugli appartenenti alla criminalità rom affiliata alla ‘ndrangheta; gli investigatori hanno infatti monitorato i riti di affiliazione ed i rapporti intrattenuti con altri storici clan del capoluogo e del crotonese, come quelli appunto di Isola Capo Rizzuto e Cutro.