Tragedia in mare, proseguono le ricerche: dispersi sarebbero oltre 60

Reggio Calabria Cronaca

Non si sono mai fermate e non si fermeranno nemmeno nelle prossime ore, anche stanotte, le ricerche di eventuali superstiti del naufragio della barca a vela avvenuto a 120 miglia dalle coste calabresi, nell’area di responsabilità SAR italiana (QUI).

Per le attività sono al momento presenti nella zona due motovedette della Guardia Costiera, partite da Reggio Calabria e Roccella ionica, e un aereo ATR42 decollato dalla base aeromobili delle Gc di Catania, mentre si attende l’arrivo, tra qualche ora, anche della nave Dattilo, unità della Capitaneria di Porto. A bordo dei mezzi navali anche team sanitari del Cisom, il Corpo Italiano di Soccorso dell'Ordine Di Malta.

Finora, e da quanto riferito dagli stessi migranti soccorsi (una dozzina in tutto), i dispersi in mare potrebbero essere almeno 66, tra cui vi sarebbero anche 26 bambini, anche piccolissimi.

I profughi sarebbero partiti otto giorni fa dalle coste della Turchia e da circa quattro di giorni la barca a vela su cui viaggiavano avrebbe iniziato ad imbarcare acqua.

L’allarme è stato dato da una unità da diporto francese, che ha lanciato un may day, dopo il quale la Guardia Costiera ha dirottato sul posto due mercantili e poi altrettante motovedette, una della quali ha trasportato i superstiti fin nel porto di Roccella Jonica.

“NECESSARIO SOSTEGNO EUROPEO”

Sulla tragedia, intanto, si registra l’intervento della Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati; dell’Oim, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni; e dell’Unicef, Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia, che hanno espresso il loro cordoglio per le decine di vittime dei “nuovi incidenti nel Mediterraneo”.

Incidente che, puntualizzano le organizzazioni, “generano un senso di profonda frustrazione per i ripetuti appelli inascoltati a potenziare risorse e capacità per le operazioni di ricerca e soccorso in mare a supporto della Guardia Costiera Italiana. Ogni naufragio rappresenta un fallimento collettivo, un segno tangibile dell'incapacità degli Stati di proteggere le persone più vulnerabili”.

Da qui, sempre secondo Unhcr, Oim e Unicef, la necessità urgente di un sostegno europeo alle operazioni di ricerca e soccorso, di “promuovere un più ampio accesso a percorsi sicuri e regolari nell'Unione Europea per le persone migranti e rifugiati, affinché non siano costrette a rischiare la vita in mare”.