Torriani arcivescovo a Crotone: con me una chiesa “in uscita” e che ha fame di futuro
Un Palamilone stracolmo di gente comune, fedeli, così come sacerdoti, autorità, vescovi. In tanti non hanno voluto mancare nel porgere il proprio benvenuto al nuovo arcivescovo di Crotone-Santa Severina, monsignor Alberto Torriani.
L’investitura - come da programma alle 17 di oggi - nel palazzetto dello sport cittadino (QUI IL VIDEO), nel corso della Solenne Liturgia Eucaristica che ha sancito ufficialmente l’ingresso del nuovo presule nella sua nuova casa.
Ad aprire la cerimonia Mons. Claudio Maniago, arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace e fino ad ora Amministratore Apostolico dell’Arcidiocesi pitagorica, dopo che il precedente vescovo Angelo Panzetta l’ha lasciata per la sede di Foggia.
Maniago, nel suo saluto, ha voluto rimarcare al nuovo presule quanto la terra che oggi li ospita - entrambi figli rispettivamente del Centro (Firenze) e del Nord Italia (Milano) - sia “ricca di gente dal cuore grande e dalla fede spessa” e dal popolo che ha una sola richiesta: quella di essere amato.
Dal canto suo monsignor Torriani non ha nascosto l'emozione “e la trepidazione che forse traspare dalla voce, che temo si farà tremolante” ha subito evidenziato nella sua omelia inaugurale.
Poi è andato al punto: le aspettative che la gente di Crotone, i fedeli, ripongono in lui: “dopo il traffico dei biglietti da visita, in cui abbiamo rubato informazioni e curiosità reciproche, le orecchie sono ora orientate a me, a cosa dirà il nuovo vescovo, cercando tracce di una curiosità che finalmente ha ceduto il passo alla conoscenza” ha esordito il presule.
Ed ha immediatamente fatto riferimento alle parole del Vangelo del "Figliol Prodigo", che si proclama in questa quarta domenica di Quaresima, definendolo “non solo un racconto ma un’immagine viva di Dio”, per affidare il suo episcopato a cinque verbi con cui sintetizzare il cammino da affrontare d’ora innanzi.
I verbi del suo dicastero
Dei “verbi semplici” ha affermato, “ma carichi di impegno per il prossimo futuro”, che vorrebbe fossero a fondamento, prerogativa della Chiesa crotonese.
Il primo è attendere, “verbo della nostra fede - ha spiegato Torriani - che è fiducia, pazienza, speranza” e che non va confuso con “aspettare”, che è invece “di chi è incapace di futuro”.
Il secondo è vedere: “non un semplice sguardo distratto e superficiale” ha detto l’arcivescovo. “È capacità di percepire in profondità le cose”.
“Come chiesa - ha continuato - abbiamo bisogno tutti di uno sguardo sulla realtà, per leggere i segni dei tempi, riconoscere il bene nascosto dove è difficile intravederlo. Oggi più che mai ci è chiesto sulle persone, sulle loro ferite. Solo così la Chiesa sarà capace ancora di speranza e di generare nuove profezie”.
Da qui un invito anche ai giovani a sognare “un futuro giusto che non conosca la parola rassegnazione” e a non far mancare il proprio contributo di idee.
La scelta di prossimità
Il terzo verbo è compatire, inteso come lo stare accanto ad “un cuore che si fa toccare, che si apre alla novità della notizia buona”. “Un cuore intoccabile - ha detto ancora Torriani - è un cuore malato dalla inquietudine, rassegnazione, incredulità”.
L’indicazione è di costruire una chiesa che abbia compassione di chi è più fragile “e ha dimenticato l’aggettivo umano”. “In una terra dalle fragilità sociali la compassione diventa una scelta concreta, di prossimità”.
Il quarto verbo è accogliere, “senza giudicare, senza rinfacciare, è un abbraccio e una festa”. “Apriamo le porte di una chiesa in uscita che non aspetta passivamente, senza paura, timore, tanto meno pregiudizi, che non ha paura del futuro e non si rassegna al ‘si è sempre fatto così’, che rischia. Una chiesa che ha fame di futuro”.
Il quarto verbo è rialzare: riferendosi a “chi è caduto”, con l’invito a non lasciarlo solo, a stargli accanto e aiutarlo, appunto, a risollevarsi.
L'ultimo è camminare: “vorrei - ha detto l’arcivescovo - che insieme imparassimo a camminare non da soli ma come un corpo vivo, comunità che si sostiene ed incoraggia. Serve sintonia, rispetto, bellezza condivisa, educazione alla legalità”.
Infine la priorità, il costruire relazioni vere: “La fraternità non si improvvisa, nasce dall’ascolto. Stimarsi reciprocamente, anche quando la meta si fa incerta” è la volontà del presule che ha invitato a porsi tutti la domanda “cosa posso fare per la mia comunità?”.
“Tutto questo - ha concluso nel suo passaggio monsignor Torriani - lo affido alla Madonna di Capocolonna, che sto imparando ad amare”.