Cgil Piana: “Processo “Cosa mia”, bene le condanne”
"Le opportune e pesanti condanne, pronunciate nei confronti dei “signori” delle ‘ndrine, a conclusione delle indagine “Cosa mia “ che mise in luce infiltrazioni e condizionamenti di ogni genere nei lavori di ammodernamento della SA/RC, sono una bella e significativa affermazione dello Stato nella lotta di contrasto alle mafie. - Comunica una nota stampa del Segretario Generale della CGIL Piana Gioia Tauro, Antonino Calogero - Riteniamo, come Cgil e Fillea della Piana, che il valore della sentenza di condanna va ben oltre le sanzioni comminate ai singoli individui perché serve a far crescere tra i Cittadini la fiducia nei confronti dello Stato e delle Istituzioni. Va, perciò, tutto il nostro apprezzamento per il lavoro svolto dalle forze di polizia e dalla magistratura che, con grande impegno e sacrificio hanno consentito questo importante risultato.
Oggi, la Calabria degli Onesti, che rappresenta la stragrande maggioranza di tutti noi, gioisce perché aumenta la consapevolezza che sconfiggere la ‘ndrangheta si può ed il cambiamento è possibile. Nello stesso tempo, purtroppo, bisogna registrare i forti ritardi della politica nel apportare riforme strutturali nelle procedure di affidamento dei lavori e degli appalti in grado di prevenire e arginare le infiltrazioni e il penetrare degli interessi della criminalità e in particolare delle cosche.- Continua - Come diciamo, ormai da troppo tempo, non è più accettabile che il sistema dei subappalti e della frammentazione degli affidamenti consenta in ogni territorio l’egemonia e il controllo da parte delle criminalità organizzata.
Senza interventi legislativi che introducano strumenti strutturali di prevenzione, anche gli importati protocolli di legalità siglati dalle parti sociali rischiano di non produrre gli effetti sperati.
Come Cgil e Fillea , inoltre, continuiamo a chiedere con forza, che tutte le procedure di avviamento al lavoro vengano sottratte dalla sfera degli interessi della, ndrangheta. Ciò sarebbe possibile attraverso l’introduzione di strumenti pubblici di controllo dell’impiego di manodopera. Ciò servirebbe anche a dare dignità al lavoro, facendolo uscire dalla mercificazione, dalla clientela e, soprattutto. colpirebbe le cosche facendole venir meno il consenso sociale che sta alla base della loro forza. - Conclude la nota -
Non per nulla gli stessi magistrati inquirenti hanno più volte fatto notare nel corso di questi anni che, una delle forme più potenti che esercita la ‘ndrangheta sul territorio è la gestione illecita del mercato del lavoro."