‘Ndrangheta: cinque ergastoli nel processo “Cosa mia”

Reggio Calabria Cronaca

Si è concluso con cinque ergastoli il processo "Cosa mia" il cui dispositivo è stato letto pochi minuti fa nell'aula bunker del Tribunale di Palmi, nel Reggino, dalla presidente della Corte d'assise Silvia Capone. Una sentenza emessa dopo una settimana esatta di camera di consiglio. Pesanti le pene comminate a boss e sodali delle cosche Gallico di Palmi e Bruzzise della frazione Barritteri di Seminara.

Le condanne alla massima pena sono state inflitte ai boss Domenico e Giuseppe Gallico; a Lucia Giuseppa e Salvatore Morgante, e Carmine Demetrio Santaiti. Mano pesante anche per gli altri membri del potente clan Gallico: Rocco, che dovrà scontare 21 anni; Teresa, condannata a 22 anni e nove mesi, e Antonino, condannato a 19 anni e sei mesi di reclusione (per il quale però era stato chiesto l'ergastolo per un omicidio che la Corte non ha ritenuto di dovergli contestare). Per quanto riguarda l'altro clan, Carmelo e Giuseppe Bruzzise sono stati condannati rispettivamente a 20 e 25 anni di carcere.

La Corte d'assise non ha risparmiato pene esemplari anche per le seconde linee e i sodali dei due clan di riferimento. Tra queste condanne spiccano quelle a Antonio e Vincenzo Bruzzise, 16 e 14 anni di carcere, Francesco Cutrì, 14 anni e nove mesi, Carmine Gaglioti, 12 anni, Filippo Morgante, 18 anni e sei mesi, Domenico Sciglitano, 17 anni. Il processo "Cosa mia", nasce da una lunga e complessa inchiesta della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Un'inchiesta divisa in tre tronconi di indagine, due dei quali confluiti in un unico processo. I reati contestati a vario titolo agli imputati sono l'associazione per delinquere di stampo mafioso, una serie di omicidi che erano rimasti irrisolti e compiuti nella faida di Palmi, combattuta tra la fine degli anni '70 e l'inizio dei '90, e la maxiestorsione che i clan avrebbero imposto alle ditte che lavoravano per il rifacimento dell'A3, il famoso 3% ribattezzato "tassa ambientale".

Per la difficile divisione delle estorsioni, secondo la Dda reggina, sarebbe ripartito lo scontro armato tra i clan Gallico, e le famiglie alleate, contro i Bruzzise. Delitti che sono stati contestati anche in questo processo.

Non solo boss, seconde linee e sodali dei clan: La Corte d'assise di Palmi, che questa mattina ha emesso la sentenza contro gli imputati nel processo "Cosa mia", contro le cosche Gallico e Bruzzise, ha condannato anche alcuni imprenditori che si sarebbero messi al servizio dei clan per consentire ai boss di gestire anche i subappalti per i lavori di ammodernamento dell'A3. Tra questi spicca Pasquale Galimi, condannato a 5 anni e sei mesi di carcere. Condannati altri imprenditori che non avrebbero denunciato estorsioni da parte degli uomini delle cosche: Oscar Barbaro e, soprattutto, Pasquale Mattiani, padre del vicesindaco del Pdl di Palmi, Giuseppe. Entrambi sono stati condannati a 3 anni di carcere, perche' riconosciuti colpevoli di favoreggiamento alla cosca Gallico di Palmi.

L'importanza della sentenza del processo "Cosa mia" e' rappresentata dalla presenza in aula da parte degli uomini dello Stato, dalla procura alle forze dell'ordine. Per sentire la lettura del dispositivo del presidente della Corte d'assise di Palmi Silvia Capone, sono giunti infatti da Reggio Calabria il procuratore capo Raffaele Cafiero De Raho insieme al suo aggiunto Michele Prestipino e ai due magistrati che hanno coordinato le indagini e gestito il condotto il processo: i sostituti procuratori Roberto Di Palma e Giovanni Musaro'. I magistrati della Distrettuale antimafia reggina avevano volti soddisfatti appena conclusa la lettura della sentenza. "Tra abbreviato e ordinario - ha dettoi mentre lasciano l'aula bunker del Tribunale di Palmi - ci sono state solo 6 assoluzioni su un totale di 76 imputati. Questo dato fotografa al meglio il buon lavoro svolto da magistrati e forze dell'ordine".

La Corte d'assise di Palmi, nell'ambito della sentenza del processo "Cosa mia", ha riconosciuto un ruolo di primo piano anche alle donne dei clan coinvolti nell'operazione della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Oltre alla condanna di Teresa Gallico a 22 anni e 9 mesi, considerata dall'antimafia alla stregua di un boss, spiccano anche l'ergastolo a Lucia Giuseppa Morgante (coinvolgimento in un omicidio), i 12 anni di Mariangela Gaglioti, i 9 anni di Carmela Carbone e i 14 anni e tre mesi di reclusione inflitti a Maria Carmela Surace. Pene piu' mitigate, infine, per Elena e Fortunata Bruzzise, 7 anni, Maria Ditto, 2 anni. Unici assolti sono stati gli imputati Antonio Cilona, Vincenzo Galimi, Rocco Salvatore Gaglioti e Vincenzo Gramuglia.

(AGI)