Alzheimer, Ra.Gi.: ultimo laboratorio “Il corpo non dimentica”
La terapia corporea, applicata a pazienti affetti da patologie dementigene attiva quel Processo di «Ri - Membratura» che è in grado di esplorare un territorio di cura difficile da definire ma che si può, toccare, percepire, esplorare e comprendere, nel piacere di riscoprirsi ancora corpo vivente e comunicante. Con questo preciso intento si è svolto il laboratorio pratico esperienziale dal titolo: “Il corpo non dimentica: la terapia espressivo corporea per i malati di Alzheimer, Parkinson e Demenze” condotto dalla dottoressa Elena Sodano insieme ad un gruppo formato da 53 operatori socio-sanitari che hanno avuto modo di vivere un’esperienza percettivo-relazionale molto intensa.
Partendo dal metodo scientifico di osservazione, valutazione e diagnosi utilizzato, ossia la Laban Movement Analysis, che da informazioni sul gesto in movimento in base al sistema degli Effort –Shape, il gruppo ha potuto sperimentare quella che viene definita la “portata dinamica” di ogni movimento prodotto a seconda del peso, dello spazio, del tempo e dell’esplorazione della chinesfera, per poi soffermarsi sia sul metodo di Godelieve Denys-Struyf e sull’esplorazione di sei famiglie di catene muscolari che il corpo utilizza per esprimersi, sia sulla Body Mind Centering, uno studio basato su fondamenti di anatomia, fisiologia, kinestesia, psicologia e sulla conoscenza dello sviluppo del movimento attraverso la rieducazione del movimento e la riorganizzazione in schemi motori.
Proprio come spesso avviene anche con i pazienti dello Spazio Al.Pa.De. il gruppo ha lavorato senza scarpe su una piattaforma di linolium di oltre 150 metri quadrati perché, come ha spiegato la Sodano: “dall’appoggio con la terra deriva la consapevolezza del rapporto con il proprio corpo con lo spazio circostante e le forze che lo regolano. Per prima cosa il grande gruppo ha sperimentato la dimensione del cullare e del massaggiare, un vero e proprio “viaggio” da un punto all’altro dello spazio attraverso un movimento di oscillazione accompagnato dalla musica e dal canto.
“L’oscillazione – ha spiegato la Sodano - è la funzione legante per eccellenza che offre ai pazienti un senso di quiete, calma, pace. Solleva dalla solitudine e dalla depressione perché è una grande consolatrice, proprio come lo può essere solo una dolce Ninna Nanna” . Avere un corpo significa avere la possibilità di connettersi alle sue materie, alle strutture che ci costituiscono e sostengono il dialogo corporeo, la gestualità e l’espressività”.
Per tale motivo il gruppo ha sperimentato cosa significa condurre i pazienti con demenza ad integrare la propriocezione e la consapevolezza cutanea, per una cosciente esperienza sensoriale della pelle; sentire il senso di presenza e coscienza muscolare che deriva dalla memoria silenziosa e misteriosa toccata dal richiamo sonoro e che ad esso risponde con uno slancio muscolarmente percettibile;contattare lo scheletro e quindi ri- creare nei pazienti l’immagine di una densificazione interna.
Molto emozionanti le danze in cui sono stati utilizzati i vari processi di simbolizzazione non verbale, perché com’è stato detto:” Il simbolo che offro è il mezzo attraverso il quale il paziente può ricordare o ri- vivere una esperienza”. E poi le danze di dialogo motorio: ”che - è stato spiegato - vengono utilizzate per offrire ai pazienti varietà negli stili gestuali, l’alternanza, la permanenza in posture per loro nuove e per rinforzare la conferma narcisistica della loro iniziativa motoria”; l’importanza della ripetizione di un gesto:” perché quel preciso “segno” che il paziente ci dona,forse ricrea continuamente il medesimo avvenimento, il medesimo schema, il medesimo programma: e così unità motorie, tracce mestiche, frammenti di memoria si riproducono indipendentemente dalla volontà del soggetto”.
Il livello d’ interesse del gruppo si è notevolmente alzato con le danze ritmiche/pulsate. “Nel momento in cui il tamburo suona - ha spiegato la Sodano - tutto nei pazienti diventa movimento, anche in quelli che sono seduti su di una sedia a rotelle con gravi compromissioni fisiche che seguono il tempo anche se con impercettibili movimenti. Sarà per la sua somiglianza sonora con il battito del cuore (tum-ta), sarà perché richiama al ricordo del battito cardiaco materno, sarà perché si crea una potente relazione, fatto sta che la percussione attiva molto il corpo e la voce dei pazienti.
È la manifestazione di una energia, di una potenza nel gruppo che non è spiegabile a parole né traducibile in altro modo se non attraverso una pulsazione che lega corpo/ritmo/cuore”. E così è stato per tutto il gruppo presente al laboratorio, un gruppo che si è trasformato in un potente vettore relazionale. I tamburi erano suonati da Ruben Vono e Mattia Arrotta, che seguono la dott.ssa Sodano nei laboratori di Expression Primitive. Molto intense si sono rivelate le danze ritmiche con differenti velocità di esecuzione, continui arresti ed accelerazioni, cambiamenti di direzione, deambulazioni in arretramento, giravolte e stop improvvisi, tutte tecniche che sono utilissime per mantenere il controllo dell’equilibrio.