Imprenditore “legato” al boss? Scatta la confisca a beni per 7 milioni
La Dia di Reggio Calabria ha confiscato i beni dell’imprenditore edile Massimo Siciliano, 45 anni, attualmente in carcere dopo essere stato coinvolto nelle operazioni “Saggezza” e “Ceralacca 2”, eseguite rispettivamente nel novembre 2012 e nel gennaio del 2014.
Nel corso del primo blitz vennero arrestate 39 persone tra la locride, Vibo e Cosenza facendo ritenere di aver inferto un duro colpo alle “locali” di ‘ndrangheta che condizionavano gli appalti pubblici. Nell’operazione “Ceralacca 2”, invece, furono 16 gli ordini di arresto, disarticolando una presunta associazione composta da imprenditori, funzionari e pubblici dipendenti accusati di corruzione e appalti truccati.
La Direzione distrettuale antimafia ritiene Siciliano come un imprenditore di riferimento del presunto boss Nicola Romano, 68enne suocero dello stesso Siciliano. La tesi degli investigatori è che tramite alcune aziende collegate alla cosca abbia eseguito lavori di edilizia pubblica “turbando le regole della concorrenza e del libero mercato”.
Il patrimonio interessato dal provvedimento di oggi, che ammonterebbe a circa 7 milioni di euro, è stato emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione presieduta dalla Ornella Pastore, a seguito di una proposta avanzata dal Direttore della Dia.
Siciliano come dicevamo è stato nelle due operazioni che, secondo gli inquirenti, definirebbero l’effettivo ruolo da lui svolto nella “ndrangheta”, in particolare nella cosiddetta “locale” di Antonimina, capeggiato appunto dal suocero Romano, che nell’ambito dell’operazione “Saggezza”, era stato identificato dagli investigatori come “capo consigliere” della “Sacra Corona”, nuova struttura che sarebbe collocata al di sopra dei “locali” operanti ad Antonimina, Ciminà, Ardore, Cirella di Platì e Canolo, tutti comuni sulla fascia jonica reggina.
Il ruolo di imprenditore di riferimento per conto di Romano garantiva dunque di gestire lavori d’edilizia pubblica anche estromettendo le aziende che operavano operanti.
A seguito dell’Operazione “Saggezza” Siciliano è stato condannato in primo grado a 12 anni e 2 mesi di carcere (la sentenza è del settembre 2015) mentre per l’operazione “Ceralacca 2 è stato rinviato invio a giudizio da parte del Gup di Reggio Calabria (nell’aprile dello stesso anno).
Alla confisca di oggi si è giunti dopo una articolata indagine patrimoniale condotta dal Centro Operativo Dia della città dello Stretto, indagine che aveva l’obiettivo di verificare le modalità di acquisizione del cospicuo patrimonio societario riconducibile all’imprenditore che, negli ultimi anni, aveva incrementato in modo esponenziale la sua attività ottenendo numerose commesse pubbliche non solo in Calabria, ma anche nel Nord Italia ed all’estero, in particolare in Romania dove opera un’unità locale.
I beni riconducibili all’imprenditore comprendono l’intero patrimonio aziendale e l’intero capitale sociale della “Icop Srl” ad Antonimina (RC) ed una filiale in Romania, e della “Gsc Srl Unipersonale”, con sede a Dosolo (MN). Entrambe le società operano nel settore costruzioni, manutenzione e riparazione strade, autostrade, ponti e viadotti. La confisca ha riguardato anche disponibilità finanziarie sia aziendali che personali.
(aggiornata alle 08:50)