Nicotera. Estorsioni ad imprenditore e ambulanti, altri due arresti

Vibo Valentia Cronaca
Giuseppe Cicerone e Francesco D’Ambrosio

Si allarga l’inchiesta sul giro di estorsioni a Nicotera che lo scorso 18 di luglio aveva già portato all’arresto di Antonio Mancuso, l’anziano boss dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta del Vibonese, oltre che del nipote, il 45enne Alfonso Cicerone (LEGGI).

Nella notte scorsa i Carabinieri della Compagnia di Tropea hanno eseguito infatti un’ordinanza di custodia cautelare - emessa dal gip distrettuale di Catanzaro – mettendo ai domiciliari altre due persone accusate dei reati di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Si tratta di Giuseppe Cicerone, 88 anni, cognato di Antonio Mancuso, e di Francesco D’Ambrosio, 39 anni, entrambi di Nicotera.

L’operazione - coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore Nicola Gratteri - è stata chiamata “Maqlub” che in arabo significa ribaltamento.

Si tratta della stessa inchiesta che avrebbe fatto luce sull’estorsione subita dall’imprenditore Carmine Zappia, la cui coraggiosa denuncia aveva permesso agli inquirenti di costruire un solido impianto accusatorio, che ha retto al vaglio del Gip di Vibo Valentia in sede di convalida, tant’è che sia Antonio Mancuso che Alfonso Cicerone sono ancora in carcere (LEGGI).

Ai domiciliari finisce adesso Cicerone che - secondo l’accusa - avrebbe concorso all’estorsione aggravata dalle modalità mafiose ai danni dell’imprenditore nicoterese. In particolare l’88enne avrebbe riferito alla vittima che “era stato deciso di pestarlo” e che ciò non avveniva solo per il suo personale parere negativo. L’ipotesi è dunque che abbia agito nell’interesse del boss Mancuso.

Dall’indagine emergerebbero però altre vicende estorsive scoperte dai militari di Tropea e dai loro colleghi della Stazione di Nicotera.

Gli investigatori avrebbero ricostruito, infatti, una tentata estorsione ai danni di alcuni ambulanti e, in particolare, nei confronti di un cittadino extracomunitario. Lo scorso 1 giugno, Francesco D’Ambrosio, Alfonso Cicerone e Rocco D’Amico (che risulta indagato a piede libero) avrebbero cercato di farsi consegnare da ciascun ambulante che frequentava piazza Garibaldi, 50 euro ciascuno per l’occupazione e l’utilizzo degli spazi.

Per questo motivo D’Ambrosio deve rispondere di estorsione aggravata dalle modalità mafiose e nei suoi confronti il Gip ha disposto oggi l’applicazione della misura cautelare agli arresti domiciliari.