Operazione Alba di Scilla, i nomi degli arrestati
C’è anche una donna tra i 12 soggetti fermati questa mattina nell'operazione “Alba di Scilla” dai carabinieri. Annunziatina Fulco, 47 anni, faceva l'ambasciatrice tra il fratello Giuseppe Fulco (arrestato lo scorso anno in flagranza di reato) tuttora in carcere dopo una condanna a nove anni in primo grado, e l'esterno. Dal penitenziario l'uomo continuava a impartire disposizioni sui taglieggiamenti agli imprenditori impegnati nei lavori di ammodernamento sul VI macrolotto dell'A3 Salerno-Reggio Calabria. È finito in carcere anche il boss della cosca Nasone-Gaietti, Virgilio Giuseppe Nasone 68 anni. Gli investigatori, che hanno verificato e documentato sei casi di danneggiamento finalizzati all'estorsione di somme di denaro, ritengono di avere individuato la composizione attuale della cosca.
Il decreto di fermo ha colpito anche Arturo Burzomato (22), Carmelo Calabrese (40), Matteo Gaietti (43), Francesco Libro (38), Antonino Nasone (31), Domenico Nasone (29), Domenico Nasone (43), Francesco Nasone (40), Rocco Nasone (38), Pietro Puntorieri (24).
La cosca Nasone-Gaietti, in quanto "proiezione" territoriale della 'ndrangheta nella fascia tirrenica della provincia di Reggio Calabria, era "legittimata" dagli altri clan a "sollecitare" attraverso reiterate azioni di danneggiamento ed intimidazioni ed a riscuotere, una quota dei proventi delle estorsioni connesse ai lavori di ammodernamento dell'autostrada A3 SA-RC pari al 3%, "somma - si legge negli atti - pretesa a titolo di imposizione di "pizzo" anche in Calabria da parte delle cosche che esercitano il proprio dominio nei territori in cui vengono eseguiti i lavori". Per quanto riguarda le estorsioni contestate, il danneggiamento dei mezzi di lavoro è il segnale lanciato dalla consorteria criminale alla ditta appaltatrice. "I danneggiamenti, pianificati nei minimi dettagli - scrivono gli inquirenti - ed accompagnati dalla minuziosa conoscenza delle aree di cantiere da parte degli arrestati, erano finalizzati a mettere i responsabili delle varie ditte in contatto con gli emissari criminali di volta in volta designati, come condizione necessaria al regolare proseguimento dei lavori". La conoscenza precisa dei luoghi e delle realtà lavorative delle ditte impegnate era talvolta favorita dall' assunzione nelle stesse ditte di accoliti che diventano veri e propri collegamenti con i criminali di riferimento. Nel caso in cui il segnale non veniva immediatamente recepito, veniva attuata una serie di intimidazioni fino a raggiungere gli obiettivi desiderati.
"Tale escalation - affermano gli inquirenti - e' sempre pianificata, concepita e metodicamente realizzata. Ogni atto fa parte di una precisa "strategia della tensione" senza soluzione di continuità. In tal modo la cosca mafiosa ha condizionato il regolare e quotidiano svolgimento della vita economica e sociale della comunità scillese; non sono state risparmiate neanche le piccole attività economiche del territorio". Nessuno poteva interferire con gli interessi della cosca. Emblematico il caso di una piccola attività commerciale storica scillese che, nella notte tra il 18 e 19 febbraio scorso, ha subito l' incendio dell'esercizio commerciale ubicato nel porticciolo turistico di Scilla. Unica colpa del titolare: aver richiesto al Comune di Scilla una nuova concessione in un'area del porto di interesse della cosca.