Legambiente Calabria dice no alla centrale del Mercure

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Riceviamo e pubblichiamo un comunicato a firma Francesco Falcone - Presidente Legambiente Calabria sulla questione della centrale del Mercure.

“Questa mattina (ieri, ndr) a Catanzaro durante la nostra audizione alla conferenza dei servizi per la riattivazione della centrale del Mercure, abbiamo ribadito la contrarietà di Legambiente al progetto di ENEL che non tiene conto che la centrale è in un Parco nazionale, è sovradimensionata e che per la sua alimentazione a biomassa vergine occorre deforestare l’intero appennino meridionale”. E’ il commento di Franco Falcone, presidente di Legambiente Calabria, che questa mattina a Catanzaro, in un clima surriscaldano dalla presenza di centinaia di lavoratori di aziende boschive che presidiavano la sede dell’Assessorato regionale alle attività produttive, ai quali ha espresso solidarietà e comprensione per la lotta per il lavoro, è stato sentito dalla Conferenza dei servizi alla quale ha consegno un dossier dell’associazione a sostegno delle sue tesi contrarie all’attivazione della mega-centrale a biomasse nel Parco nazionale del Pollino, la più grande area protetta d’Europa. Le biomasse, secondo Legambiente, possono giocare un ruolo importante nel contribuire al fabbisogno energetico italiano, ma perché questa opportunità venga colta al meglio occorre porre attenzione alle risorse presenti nei territori e alla sostenibilità dei processi. “Occorre un dimensionamento degli impianti- continua Falcone - che tenga conto di questi parametri fondamentali altrimenti si rischia, come nel caso dei grandi impianti a biomasse di Strongoli e Crotone, di creare impianti che non sono ne ambientalmente sostenibili ne socialmente condivisi. perciò un corretto dimensionamento non dovrebbe prevedere un approvvigionamento di materie prime oltre i 70 Km circa, una distanza entro la quale è possibile lavorare a una efficiente filiera territoriale, e con gli impianti che meglio rispondono ai criteri di qualità, anche se non in termini assoluti, sono quelli con dimensioni fino a 1MW.” La centrale del Mercure, invece, che ha una potenza di 35 MW ed è inserita in un contesto territoriale estremamente delicato come il Parco nazionale del Pollino, pone una serie di questioni estremamente rilevanti e nessun vantaggio concreto, nemmeno quello di riconvertire una vecchia centrale a olio combustibile di 75 MW, con una a 35MW. Perché questo cambio avviene con una nuova centrale a biomassa vergine che contraddice i più elementari criteri di sostenibilità ambientale: per funzionare deve essere alimentata con grandi quantità di biomassa, 340-500mila tonn/anno e previsioni di crescita fino a 820mila, proveniente da una distanza di 120 KM che è ben superiore ai criteri condivisibili e sostenibili.

“Dentro questa distanza di 120 Km – aggiunge Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente - oltre al Parco del Pollino sono interessati altri 8 parchi nazionali e regionali, decine di siti sottoposti a Direttive Comunitarie, in cui ci si sta indirizzando verso la gestione naturalistica del bosco e la valorizzazione dei servizi ecosistemici per ridurre la perdita di biodiversità anche in ottemperanza con quanto prevede la Strategia europea per la biodiversità, e le scelte fatte dal nostro Paese nel sostenere l’impegno della CBD dell’Onu. Le foreste che insistono in queste aree protette, sono un laboratorio dove si sta sperimentando una gestione forestale sostenibile, che punta su percorsi di certificazione delle attività forestali e della filiera bosco-legno, ma non sono un serbatoio di biomassa vergine da bruciare per alimentare la centrale del Mercure”. Le ipotesi di prelievo di biomassa vergine dai boschi calabresi per alimentare la centrale del Mercure, inoltre, sono in contraddizione con le Prescrizioni di Massima di Polizia Forestale (PMPF) approvate lo scorso anno che, in mancanza di un Piano forestale regionale di cui la Regione non si è ancora colpevolmente dotata, è l’unico e parziale strumento di pianificazione e gestione per il patrimonio forestale della Calabria. Le vigenti PMPF prevedono che tutti i boschi pubblici che non hanno un piano di assestamento possono essere sottoposti al taglio una sola volta in un anno solare e pertanto le previsioni di quantità di biomassa è stata stimata da ENEL in maniera errata, ed anche la previsione di nuove aree accessibili al taglio deve considerare una viabilità di accesso al bosco con conseguenti e devastanti opere di sbancamento etc.. Insomma le previsioni su cui si basa l’ENEL sono errate e non realizzabili se non a costo di disboscare l’intera Calabria. “Si tratta di previsioni – continua Nicoletti - che abbiamo facilmente contestato anche perché le ipotetiche aree di approvvigionamento di biomassa per la centrale del Mercure contenute entro i 120km, si sovrappongono pericolosamente con quelle di approvvigionamento delle altre centrali a biomasse presenti in Calabria (Cutro e Strongoli) che utilizzano distanze di 70km per poter ricevere gli incentivi di legge. Dalle cartine allegate al dossier che abbiamo consegnato risulta, ad esempio, che nell’area della sila cosentina e della presila catanzarese si concentrerebbe il massimo sforzo di taglio: cosa irrealizzabile vista la coincidenza con il territorio del Parco nazionale della Sila che proprio qualche giorno ha ricevuto la nomination italiana per essere inserito nella rete delle Riserve Mondiali della Biosfera dell’UNESCO.” Nell’analisi della documentazione presentata dall’ENEL per la riattivazione della centrale del Mercure, abbiamo riscontrato una grave sottovalutazione delle questioni ambientali e delle relative implicazioni che comporta sull’ambiente naturale e il territorio.

“Una sottovalutazione delle questioni ambientali – conclude Falcone - che ci preoccupa perché l’ENEL rappresenta un big player dell’energia a livello mondiale ed in tutti questi anni ha trattato le questioni derivanti dalla riattivazione della centrale del Mercure con estrema superficialità senza proporre nulla di accettabile, in termini di riduzione della potenza e di conseguente utilizzo di biomassa per giungere a una soluzione, se non condivisa, almeno accettabile. E non ha compiuto nessuno sforzo concreto per giungere alla riduzione del raggio di approvvigionamento della biomassa almeno entro 70Km, e di conseguenza con l’assumere l’impegno di un utilizzo della centrale in rapporto alla biomassa disponibile limitandone l’esercizio all’effettiva capacità di reperire biomassa entro questo perimetro. Per tutte queste ragioni abbiamo confermato la nostra contrarietà al progetto presentato da ENEL per la centrale del Mercure.”



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