Uccise e sfregiò la fidanzata a Lamezia, condannato a 30 anni
Il gup del tribunale di Lamezia Terme, Barbara Borelli, ha inflitto una condanna a 30 anni di carcere nei confronti di Daniele Gatto, il giovane che uccise la sua fidanzata, Adele Bruno, il 30 ottobre 2011. Il giovane trentunenne è stato giudicato con il rito abbreviato; anche il pm Luigi Maffia aveva chiesto una condanna a 30 anni. Adele Bruno venne uccisa a 27 anni in una zona di campagna di Lamezia Terme, dopo una lite. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il fidanzato l'avrebbe prima soffocata, quindi avrebbe infierito sul suo corpo usando alcune canne appuntite.
Un crimine orrendo, lo definì il procuratore della Repubblica di Lamezia Terme, Salvatore Vitello, che insieme al sostituto procuratore Luigi Maffia, per oltre quattro ore sottopose il fidanzato all'interrogatorio nel corso del quale confessò. Un assassinio inspiegabile ma che trovò probabilmente il suo movente nel fatto che il giovane non intendeva accettare la circostanza che la ragazza volesse lasciarlo. La decisione di Gatto di recarsi in commissariato il 31 ottobre del 2011 insieme al suo avvocato maturò quasi certamente nella notte quando fece rientro a casa dopo essersi recato nell'abitazione di uno zio, un prete che gli avrebbe consigliato appunto di costituirsi. La giovane Adelina nel pomeriggio del 30 ottobre del 2011 era stata data per dispersa dallo stesso Gatto che intorno alle 20.50 si era recato a casa dei genitori della fidanzata riferendo della sua sparizione. In realtà, però, Adelina non era scomparsa, ma era stata brutalmente assassinata dal suo fidanzato con il quale un'ora prima del delitto si era recata in un centro commerciale.
Dopo aver commesso l'omicidio Gatto tornò a casa, si fece la doccia, e si liberò dei vestiti buttandoli nella spazzatura e poi si recò a casa dei genitori di Adele per comunicarne la scomparsa. La mattina dopo la decisione di costituirsi e indicare il luogo dove la ragazza era stata assassinata. Un crimine orrendo, lo definì il procuratore della Repubblica di Lamezia Terme, Salvatore Vitello, che insieme al sostituto procuratore Luigi Maffia, per oltre quattro ore sottopose il fidanzato all'interrogatorio nel corso del quale confessò. Un assassinio inspiegabile ma che trovò probabilmente il suo movente nel fatto che il giovane non intendeva accettare la circostanza che la ragazza volesse lasciarlo. La decisione di Gatto di recarsi in commissariato il 31 ottobre del 2011 insieme al suo avvocato maturò quasi certamente nella notte quando fece rientro a casa dopo essersi recato nell'abitazione di uno zio, un prete che gli avrebbe consigliato appunto di costituirsi. La giovane Adelina nel pomeriggio del 30 ottobre del 2011 era stata data per dispersa dallo stesso Gatto che intorno alle 20.50 si era recato a casa dei genitori della fidanzata riferendo della sua sparizione. In realtà, però, Adelina non era scomparsa, ma era stata brutalmente assassinata dal suo fidanzato con il quale un'ora prima del delitto si era recata in un centro commerciale. Dopo aver commesso l'omicidio Gatto tornò a casa, si fece la doccia, e si liberò dei vestiti buttandoli nella spazzatura e poi si recò a casa dei genitori di Adele per comunicarne la scomparsa. La mattina dopo la decisione di costituirsi e indicare il luogo dove la ragazza era stata assassinata. (AGI)