Fondazione Campanella, presidente e direttore generale: “Affondiamo nei debiti”

Catanzaro Salute
Paolo Falzea

"C'è un centro oncologico in Calabria, di proprietà della Regione e dell'Università, che è stato trasformato in una clinica privata e ridotto in una situazione economica disastrosa, costretto a chiedere in prestito farmaci alle altre strutture sanitarie per non interrompere le cure dei propri pazienti".

Così il presidente della Fondazione "Campanella" Paolo Falzea e il direttore generale Mario Martina si rivolgono, con una lettera, al governo, alla delegazione parlamentare calabrese e ai consiglieri regionali per spiegare le ragioni della chiusura della struttura.

"La vicenda che si vuole portare alla vostra attenzione scrivono - è certamente poca cosa nel panorama disastroso dell'Italia di oggi, ma rappresenta un esempio emblematico di come possano essere sprecate risorse pubbliche che avrebbero come finalità la tutela della salute sancita dall'articolo 32 della Costituzione. E' il fallimento di un progetto culturale nel quale Regione Calabria e Università Magna Graecia hanno investito risorse umane e materiali per creare una struttura diretta a svolgere ricerca biomedica e sanitaria di tipo clinico e traslazionale, attività didattica di alta formazione e attività clinico-assistenziale".

"L'Università - fanno rilevare - ha messo a disposizione gli edifici, appena costruiti, del Policlinico di Germaneto, le infrastrutture e la professionalità dei suoi professori universitari, la Regione ha investito ingenti risorse economiche. Calpestando la volontà dei soci fondatori, coloro i quali sono stati inviati dallo Stato a sostituire temporaneamente gli organi regionali nella gestione della sanità in Calabria - proseguono - hanno annientato il Centro oncologico, dapprima riducendone i posti letto da 115 a 35 (DPGR 26/2012), poi trasformandolo in una casa di cura privata nella quale non si giustifica la presenza come proprietari di due enti pubblici quali l'Università e la Regione (DPGR 123 del 2013). Tale decreto, infatti, modificando la legge regionale 63 del 2012 (sigh!), ha privato il Centro oncologico delle principali attività per le quali era stato costituito: attività di prevenzione primaria e secondaria, attività di riabilitazione, attività di ricerca; espungendo così l'Università ed i professori universitari".

I due amministratori aggiungono che "a fronte della protesta dei cittadini, in un incontro in Prefettura avvenuto il I ottobre 2013 il Presidente della Regione e i due Sub Commissari, Generale Pezzi e D'Elia, hanno assunto l'impegno formale di modificare quel DPGR riassegnando le funzioni originarie al Centro. Tale impegno è stato totalmente disatteso".

"Inoltre - aggiungono Falzea e Martina - "dal 2012 le risorse economiche destinate alla Fondazione Tommaso Campanella, ente di diritto privato con due soli soci pubblici, alla quale è affidata la gestione del Centro Oncologico, sede della metà delle Unità Operative dell'unica Facoltà di Medicina in Calabria, sono state ridotte drasticamente (da circa 40 milioni a 10) non consentendole di adeguare la propria struttura organizzativa ai minori flussi finanziari. Le risorse, infatti, - si evidenzia - sono state parametrate a un assetto strutturale e organizzativo che è rimasto disegnato sulla sabbia e non ha trovato concreta attuazione per le reiterate violazioni da parte della Regione di decreti, di leggi e di Intese. Il DPGR 136 del 2011 del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro prevedeva, anche a seguito delle indicazioni dei ministeri affiancanti, il trasferimento a decorrere dal I gennaio 2012 della gestione di gran parte delle unità operative universitarie della fondazione, definite "non oncologiche", all'Azienda Ospedaliera Universitaria Mater Domini. La legge regionale 63/2012 ha rinviato tale trasferimento a una successiva intesa tra Università e Regione che si è realizzata il 25 giugno 2013, ma che non ha avuto alcuna attuazione. L'Intesa, raggiunta nella Prefettura di Catanzaro il I ottobre 2013, firmata, tra gli altri, dal Rettore dell'Università, dal Presidente della Regione, dai Sub Commissari, Generale Pezzi e D'Elia, dal Direttore Generale del Dipartimento regionale Tutela della Salute, ha ulteriormente posticipato il trasferimento al 30 ottobre 2013. Tale impegno - rimarcano - è stato totalmente disatteso".

A parere dei vertici della "Campanella", " la conseguenza di tale omissione è che la Fondazione che, nel frattempo ha ottenuto l'accreditamento istituzionale per 35 posti letto di oncologia medica e chirurgica, con budget di 10 milioni di euro, per evitare interruzioni assistenziali e non compromettere i percorsi formativi dell'unica Scuola (già Facoltà) di Medicina e Chirurgia della Calabria è costretta a gestire tutte le unità operative oncologiche e non oncologiche, senza ricevere un corrispettivo adeguato, accumulando così ingenti debiti".

Nella lettera si aggiunge che "i costi della gestione delle Unità Operative "non oncologiche" (quantificati da una commissione paritetica Università-Regione Calabria in circa 26 milioni annui) avrebbero dovuto da tempo essere posti a carico di un'azienda pubblica.

"Tuttavia - osservano - sino a che la loro gestione è lasciata in capo a un soggetto privato che per farvi fronte è costretto a indebitarsi, questi costi non compaiono nel bilancio del fondo sanitario regionale sottoposto al controllo dei ministeri affiancanti, perché vengono trattati come se fossero costi di una struttura privata realizzati per perseguire scopi privati. Questo spiega il ritardo nel procedere al trasferimento della gestione delle Unità operative non oncologiche a una struttura pubblica del servizio sanitario perché quando questo accadrà i costi necessari alla loro gestione compariranno nel fondo sanitario regionale".

Per Falzea e Martina "si sta facendo affondare la Fondazione in un mare di debiti costringendola a chiudere i battenti. La conseguenza è che i circa 500 pazienti che sono in cura presso il centro dovranno trovare un'altra struttura che li curi, la chirurgia toracica e ginecologica che sono tra le prime in Calabria non potranno più operare. I circa 40 pazienti che sono in carico a sperimentazioni nazionali e internazionali dovranno interrompere il loro percorso. Tutto ciò - scrivono - mentre nella vicina Crotone sta avviando la sua attività un centro oncologico veramente privato".

La liquidazione della Fondazione e la chiusura del centro oncologico di Catanzaro, concludono, "costringerebbe la cittadinanza calabrese a intraprendere il calvario dei viaggi della speranza, venendo disatteso nel 2014, il sacrosanto diritto alla salute costituzionalmente garantito quale quello di curarsi tra gli affetti dei propri cari e nella propria terra". (AGI)


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