‘Ndrangheta, rapine e traffico di droga: scatta il maxi blitz in una dozzina di province (I DETTAGLI)
Associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso esterno, estorsione, danneggiamento e rapina (aggravati dal metodo mafioso), detenzione e porto illegale di armi ed esplosivi, lesioni pluriaggravate, intestazione fittizia di beni, traffico e spaccio di stupefacenti.
Sono questi i reati contestati a numerose persone raggiunte stamani da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita dalla polizia di Vibo Valentia in collaborazione con la Questura di Catanzaro e con il Servizio Centrale Operativo, sotto il coordinamento della Procura Distrettuale Antimafia del capoluogo di Regione.
La una maxi operazione, denominata “Rimpiazzo”, è scattata all’alba di stamani e vede impegnati oltre duecento poliziotti non solo a Vibo ma anche nelle province di Reggio Calabria, Palermo, Roma, Bologna, L’Aquila, Prato, Livorno, Alessandria, Brescia, Nuoro, Milano e Udine.
L’ATTIVITÀ DEL CLAN
L'indagine avrebbe permesso di ricostruire l’organigramma e le presunte attività delittuose commesse dai componenti del clan dei “Piscopisani”, riconducibile all’entroterra vibonese di Piscopio.
La “locale” di `ndrangheta avrebbe messo in atto, a iniziare dal 2010, azioni tese a contrastare il predominio criminale della nota famiglia dei Mancuso, egemone da anni su Limbadi e su tutta la provincia di Vibo, con proiezioni sul territorio nazionale.
Le attività investigative hanno permesso di scoprire una base operativa a Bologna, dove sono state già sequestrate armi; e collegamenti con Palermo, dove i Piscopisani “piazzavano” cocaina, già sequestrata durante le indagini.
Di particolare rilievo investigativo il fatto che l’organizzazione riuscisse a commerciare cocaina a proprio nel capoluogo siciliano, il che dimostrerebbe il ruolo ormai egemone che la 'ndrangheta svolge nel trattare grossi quantitativi di droga a livello internazionale, rifornendo anche territori dove sono presenti altre mafie.
I “PISCOPISANI”: L’ORIGINE DEL NOME
Il nome del clan trae origine dalla piazza di Piscopio, frazione di Vibo Valentia, dove capi e gregari si riunivano per pianificare le loro azioni delittuose, lasciando a casa i telefoni cellulari, nel timore di essere intercettati.
GLI ARRESTATI
Tra i nomi delle persone finite in carcere e ai domiciliari emergono quelli di: Michele Fiorillo, 33 anni, alias “Zarrillo”, di Piscopio; Salvatore Vita, 44, di Vibo Marina; Rosario Battaglia, 35, di Piscopio; Nazzareno Colace, 55, di Portosalvo; Angelo David, 36, di Piscopio; Ippolito Fortuna, 59 anni, di Vibo Marina; Francesco Tassone, 42, di Vibo; Giovanni Battaglia, 36, di Piscopio; Francesco D’Ascoli, 48; Stefano Farfaglia, 36, di Piscopio.
Francesco Felice, 26, di Piscopio; Nazzareno Fiorillo, 54, di Piscopio; Rosario Fiorillo, 30, di Piscopio; Francesco Fortuna, 25, di Vibo Marina; Nazzareno Fortuna, 30, di Piscopio; Giovanni Giardina, 41 anni; Francesco La Bella, 46, di Piscopio; Mario Lo Iacono, 38; Cosmo Michele Mancuso, 70, di Limbadi; Pantaleone Mancuso, 58, di Limbadi; Nazzareno Pannace, 30; Francesco Popillo, 34; Francesco Romano, 33; Gaetano Rubino, 39; Pierluigi Sorrentino, 29; Michele Staropoli, 53.
Tra gli indagati anche due donne: Maria Concetta Fortuna, 61 anni, di Piscopio, e Sacha Fortuna, 40 anni, di Vibo ma residente nel Bolognese. Una è a piede libero, l’altra in carcere.
Una di queste era chiamata dagli affiliati della cosca “sorella omertà”. Secondo gli inquirenti centrale appunto il ruolo della donna, poiché avrebbe assistito i familiari dei detenuti ed i latitanti, offrendo loro supporto in varie forme nei momenti di difficoltà.
Per la messa in atto dell’operazione sarebbe stata decisiva la collaborazione del pentito Raffaele Moscato, di Andrea Mantella e Daniele Bono che avrebbero fatto luce su un giro di estorsioni, alcune delle quali messe in atto nei confronti degli imprenditori di Vibo Marina.
Di una cosa è certo Alessandro Giuliano, direttore del Servizio Centrale Operativo della Polizia: “Il clan dei Piscopisani ha operato estorsioni a qualunque attività imprenditoriale sotto la sua giurisdizione mafiosa, riuscendo a penetrare nel tessuto economico del territorio”.
L’ha dichiarato in conferenza stampa e ha quindi aggiunto che “l’intestazione fittizia di beni è il paradigma della capacità che hanno avuto di entrare nell’economia legale, al pari delle grandi cosche di ‘ndrangheta”.
“Connotato essenziale di tale clan è la violenza, ma siamo riusciti a sgominare il clan grazie ad una visione di insieme dell’attività di indagine e grazie anche alla collaborazione di alcune vittime di estorsione”.
Il capo della Squadra Mobile di Vibo Valentia, Giorgio Grasso, dal canto suo ha rimarcato l’importanza delle attività “di riscontro alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Raffaele Moscato e Andrea Mantella per un totale di 55 indagati ai quali vengono contestate 26 estorsioni, nove danneggiamenti e 32 episodi di spaccio di droga a Vibo Valentia”.
(ultimo aggiornamento 15:17)