Studente universitario ucciso a Catanzaro, sentenza l’8 febbraio
È attesa per il prossimo 8 febbraio la sentenza della Corte d'assise di Catanzaro nel processo a carico di Cosimo Berlingieri e Gianluca Passalacqua, catanzaresi di etnia rom, di 44 e 23 anni, imputati per l'omicidio pluriaggravato del giovane universitario di 24 anni Massimiliano Citriniti, accoltellato a morte il 22 febbraio 2009 fuori dal Centro commerciale "Le Fornaci", a Catanzaro. Dopo che alla scorsa udienza il pubblico ministero Simona Rossi ha chiesto due condanne all'ergastolo per gli imputati, ed il legale di parte civile Francesco Gambardella - che rappresenta i familiari del 24enne ucciso - ha pure insistito perché i giudici dichiarino la colpevolezza dei due uomini, ieri il processo avrebbe dovuto riprendere con le arringhe dei difensori di Berlingieri e Passalacqua. Un impedimento dell'avvocato Salvatore Staiano - scrive l'Agi - (gli altri avvocati impegnati sono Gregorio Viscomi e Nicola Tavano), però, ha reso necessario il rinvio all'udienza del prossimo primo febbraio, cui ne seguirà un'altra fissata per l'8 febbraio, giorno in cui appunto si attende la pronuncia della Corte.
Secondo quanto sostenuto dalla pubblica accusa, Citriniti sarebbe stato ammazzato a seguito di un banale scherzo fatto con della schiuma spruzzata in faccia ad un minorenne rom, che avrebbe dato vita ad una lite iniziata dentro al centro commerciale, e ripresa all'esterno più tardi, dove il 24enne e' stato ucciso, sempre secondo le accuse, dopo essere stato bloccato da diverse persone che lo hanno aggredito. Tra queste persone, secondo la Procura, ci sarebbero stati Berlingieri e Passalacqua. A poche ore dal delitto le indagini condussero i poliziotti della Squadra mobile proprio a casa di Cosimo Berlingieri, dove la moglie di quest'ultimo affidò loro il figlio minorenne, ammettendo subito che era stato coinvolto nello scontro avvenuto alle "Fornaci". Il ragazzo diciassettenne, che e' anche cognato di Passalacqua, è già stato giudicato con rito abbreviato e condannato in primo grado a 14 anni e 15 giorni di galera, poi scontati a 10 anni dalla Corte d'appello con una sentenza infine confermata dalla Cassazione il 19 ottobre.