‘Ndrangheta: intimidazioni a magistrati, boss resta in carcere
Il tribunale del riesame di Catanzaro ha respinto oggi anche il ricorso del boss reggino Antonino Lo Giudice, 53 anni, autoaccusatosi di essere stato il mandante delle intimidazioni avvenute nei mesi scorsi ai danni di magistrati in servizio a Reggio Calabria. Due giorni fa i giudici avevano confermato l'ordinanza cautelare anche nei confronti degli altri tre destinatari del provvedimento di custodia in carcere emesso su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro - competente per le indagini che coinvolgono i magistrati di Reggio -, ed eseguito lo scorso 15 aprile, e cioè Luciano Lo Giudice, fratello di Antonino, Antonio Cortese, ritenuto l'armiere della cosca, e Vincenzo Puntorieri, legato a quest'ultimo. Tutti sono ritenuti responsabili - a vario titolo quali mandanti ed esecutori - degli attentati del 3 gennaio 2010 presso gli uffici della Procura Generale della Repubblica di Reggio Calabria, del 26 agosto scorso presso l'abitazione del procuratore generale di Reggio Calabria Salvatore Di Landro, e dell'intimidazione avvenuta ai danni di Giuseppe Pignatone, procuratore di Reggio Calabria, il 5 ottobre scorso, quando fu rinvenuto un bazooka nei pressi del Cedir, sede della Procura della Repubblica. Due giorni dopo, il 7 ottobre, Antonino Lo Giudice finì in manette e, dopo due giorni, iniziò a collaborare con i magistrati. Proprio lui ha tirato in causa gli altri tre indagati, facendone i nomi come presunti complici negli attentati ai magistrati.