‘Ndrangheta: “Plinius”, sei condanne confermate e due ridotte

Catanzaro Cronaca
I militari davani al Comune di Scalea durante l'operazione Plinius

Si è concluso con due condanne ridotte e sei confermate il processo d'appello per gli imputati coinvolti nell'inchiesta antimafia denominata "Plinius", con cui la Dda di Catanzaro ha delineato stretti legami fra la criminalità dell'alto Tirreno cosentino - e in particolare la cosca Valente-Stummo, ritenuta legata al clan Muto - e la gestione politica del Comune di Scalea, giudicati con rito abbreviato.

L'inchiesta, condotta dall'Arma dei carabinieri, sfociò all'alba del 12 luglio del 2013 in un blitz per l'esecuzione di un'ordinanza cautelare a carico di 38 persone fra cui l'allora sindaco di Scalea, Pasquale Basile, eletto a capo di una lista civica, e 5 assessori della sua giunta. Non a caso, proprio quello stesso giorno, il Comune venne commissariato e successivamente, con Decreto del 25 febbraio 2014, ne fu disposto lo scioglimento per infiltrazione mafiosa con affidamento della gestione a una commissione speciale. Oggi la Corte d'appello di Catanzaro (presidente Giacarlo Bianchi, consiglieri Gianfranco Grillone e Ippolita Luzzo) ha rideterminato la pena per l'ex assessore al Commercio del Comune di Scalea, Franco Galiano (45 anni), che è stato assolto per un capo d'accusa ed ha avuto 6 anni e 10 mesi di reclusione a fronte dei 7 anni e 8 mesi comminati in primo grado; pena rideterminata anche per Pietro Valente (47 anni), cui i giudici hanno riconosciuto il vincolo della continuazione fra i reati contestatigli, che ha avuto 10 anni di reclusione a fronte dei 12 anni e 8 mesi inflitti in primo grado.

Confermata nel resto la sentenza emessa il 31 marzo del 2014 dal giudice distrettuale dell'udienza preliminare di Catanzaro, Assunta Maiore, che al termine degli otto giudizi abbreviati (gli altri imputati di Plinius furono citati a giudizio immediato davanti al tribunale collegiale) emise otto condanne, un po' più basse di quelle richieste dal pubblico ministero, Vincenzo Luberto, infliggendo (le pene tennero così conto dello sconto di pena di un terzo per la scelta del rito alternativo al dibattimento): 4 anni e 8 mesi di reclusione all'altro ex componente della Giunta, Antonio Stummo, (32 anni); 4 anni e 8 mesi a Francesco Saverio La Greca (40), di Santa Domenica Talao; e infine 3 anni e 4 mesi ciascuno a Roberto Cesareo (48), Andrea Esposito (40), Antonio Pignataro (52), tutti e tre di Cetraro, e Franco Valente (54), di Scalea.

Condanne che lo scorso 10 febbraio, al termine della propria requisitoria, il sostituto procuratore generale di Catanzaro, Salvatore Curcio, ha chiesto ai giudici di confermare ottenendo quasi completamente ragione. La Corte ha chiesto oggi 70 giorni per il deposito delle motivazioni della sentenza, cui potrà seguire l'eventuale ricorso in Cassazione. (AGI)

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