Cosche e politica. Voto di scambio, cinque indagati nel caso Pelle-Zappalà
Scambio elettorale: questa l’accusa per cui la procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di cinque persone, indagate in concorso.
Al centro dell’indagine i presunti accordi illeciti tra la cosca di 'ndrangheta dei "Pelle" di San Luca e l'ex consigliere regionale Santi Zappalà, accordi che avrebbero consentito di ottenere il sostegno elettorale del clan in occasione delle consultazioni regionali del 2010. Nel corso dell'operazione, denominata "Reale 6", gli inquirenti avrebbero anche documentato il versamento di ingenti somme di denaro in cambio dei voti garantiti dalla cosca. L’ordinanza è in corso di esecuzione da parte dei carabinieri del Ros e dei finanzieri del Gico.
INQUIRENTI: 100 MILA EURO PER I VOTI DELLA COSCA
11.30 | L’ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari è stata emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta di questa Procura della Repubblica (Direzione Distrettuale Antimafia): l’accusa è di scambio elettorale politico-mafioso. Il provvedimento scaturisce dalle indagini investigative eseguite nell’ambito della nota operazione “Reale”.
In particolare, gli inquirenti ritengono di aver accertato che l’ex politico Santi Zappalà, 55 anni, in occasione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale della Calabria, del 28 e 29 marzo 2010, alle quali era candidato nella lista PdL, con l’intermediazione di Giuseppe Antonio Mesiani Mazzacuva, 38 anni, avrebbe promesso e successivamente consegnato a esponenti della cosca di ‘ndrangheta dei Pelle (ramo Gambazza di San Luca), in particolare a Giuseppe Pelle, 55enne ritenuto capo dell’omonimo sodalizio, al fratello Sebastiano Pelle, 44 anni e al nipote Antonio Pelle, 28 anni, “una considerevole somma di denaro (consistita in 10 assegni di 10mila euro ciascuno emessi in forma libera dal politico a favore di Mesiani Mazzacuva e della moglie di quest’ultimo) per ottenere a proprio vantaggio un pacchetto di voti che Giuseppe Pelle sarebbe stato in grado di procurare nell’area di influenza criminale del sodalizio.
Dopo la competizione elettorale, Santi Zappalà - già sindaco del Comune di Bagnara Calabra e consigliere Provinciale di Reggio Calabria - è risultato eletto con oltre 11 mila preferenze andando così ad occupare, in prima battuta, un posto da consigliere alla Regione Calabria e, successivamente, anche quello di Presidente della IV Commissione Affari dell’Unione Europea e Relazioni con l’Estero.
Con il provvedimento di oggi è stata applicata a Giuseppe e Antonio Pelle, (entrambi già detenuti), a Giuseppe Antonio, a Mesiani Mazzacuva e a Santi Zappalà (attualmente sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di Ps) la custodia cautelare in carcere, mentre a Sebastiano Pelle quella degli arresti domiciliari.
I PRECEDENTI DEGLI INDAGATI
13:00 | I destinatari della misura sono stati già tutti colpiti, sempre nell’ambito dello sviluppo dell’indagine “Reale”, da provvedimenti restrittivi. In particolare: Giuseppe, Sebastiano e Antonio Pelle (cl. 1986) sono stati raggiunti da fermo di indiziato di delitto, il 21 aprile 2010, nell’ambito dell’indagine denominata “Reale 1”: i primi due per i delitti di partecipazione all’associazione mafiosa della omonima cosca e trasferimento fraudolento di valori e, il terzo, per il solo trasferimento fraudolento di valori, reati tutti aggravati dalle finalità mafiose; Giuseppe Antonio Mesiani Mazzacuva, Santi Zappalà e Giuseppe Pelle sono stati attinti il 21 dicembre 2010 da una ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito dell’indagine denominata “Reale 3” sulle presunte condotte corruttive realizzate da candidati e partecipi dell’associazione mafiosa, in occasione delle elezioni regionali del 2010. A tutti e tre venne contestata la corruzione elettorale aggravata dalle finalità mafiose, mentre a Mesiani Mazzacuva anche il reato di associazione mafiosa e a Zappalà quello di concorso esterno ad associazione mafiosa, imputazione quest’ultima, in seguito annullata in sede di Riesame.
I filoni di indagine denominati “Reale 1” e “Reale 3” - che venivano riuniti e trattati congiuntamente sotto il profilo processuale - hanno percorso tutti i gradi giudizio nei quali è stato confermato l’impianto accusatorio. In relazione a questo aspetto va tuttavia precisato che, nel giudizio di legittimità, la Corte di Cassazione (il 26 giugno 2014) ha parzialmente annullato la sentenza di secondo grado, con rinvio alla Corte di Appello di Reggio Calabria, in relazione alla prova dell’esistenza della cosca Pelle Gambazza e, conseguentemente, circa l’applicazione a talune contestazioni dell’aggravante (dell’art. 7 L. 203/1991) ad alcuni imputati, tra i quali Santi Zappalà.
L’EX POLITICO E I PRESUNTI ACCORDI CON I MANDAMENTI REGGINI
Ai fini della completa ricostruzione di tutta la vicenda, relativa al presunto accordo elettorale tra Zappalà ed esponenti della cosca, gli inquirenti sottolineano che essa, come anticipato, è strettamente collegata a quanto già emerso dall’indagine “Reale 3”. Secondo la tesi dell’accusa, nel corso dell’indagine sarebbe risultato che l’ex consigliere regionale si sarebbe era rivolto ai più importanti sodalizi mafiosi dei tre Mandamenti in cui è suddivisa la Provincia di Reggio, allo scopo di garantirsi il loro sostegno elettorale.
Gli investigatori avrebbero documentato contatti con le cosche Commisso di Siderno, Barbaro Mano armata e Barbaro Castanu, entrambe di Platì (RC), Pelle Gambazza di San Luca (RC), Cacciola e Bellocco di Rosarno (RC), Greco di Calanna (RC) e con esponenti apicali della Locale di ‘ndrangheta di Natile di Careri (RC).
L’INCONTRO A CASA DEL BOSS
Nel corso di un incontro, avvenuto il 27 febbraio del 2010 presso l’abitazione di Giuseppe Pelle - spiegano sempre gli inquirenti – si sarebbe stretto tra questi, Zappalà e Mesiani Mazzacuva (che ricopriva il ruolo di interfaccia politica per conto della cosca) un patto corruttivo in relazione al quale il candidato, per ottenere a proprio vantaggio un (primo) consistente pacchetto di voti nella disponibilità di Pelle, avrebbe promesso al boss varie utilità e, in particolare, una corsia preferenziale a favore delle imprese di riferimento del clan nel settore dei lavori pubblici e il trasferimento in istituti penitenziari calabresi di Salvatore Pelle (cl. 1957), altro elemento considerato di vertice della consorteria di San Luca ed al tempo detenuto presso la casa circondariale di Rebibbia a Roma.
GLI ACCORDI INTERCETTATI DAGLI INVESTIGATORI
I rapporti tra la cosca e il politico sarebbero anche ricostruiti grazie ad una serie di intercettazioni di conversazioni registrate sempre nella casa di nell’abitazione di Giuseppe Pelle a Bovalino (sia il 27 febbraio 2010 che in un altro incontro avvenuto il 12 marzo successivo).
“Elementi meritevoli di ulteriore approfondimento – scrivono gli inquirenti - e sottesi alla … indagine sono stati ricavati proprio dal contenuto dei discorsi captati in quest’ultima occasione (12 marzo, ndr)” quando sarebbe emerso che l’ex consigliere, “perplesso della consistenza delle adesioni in suo favore nella zona di Bianco e in altre aree del Mandamento Jonico, dove effettivamente le locali cosche stavano canalizzando i voti a loro disposizione a favore di altri candidati, si era nuovamente rivolto, su spunto di Mesiani Mazzacuva, a esponenti della cosca Pelle, i quali si sono subito resi disponibili a offrire al politico un ulteriore pacchetto di voti - da raccogliere sempre tra San Luca e Bovalino, aree di loro influenza criminale - per un controvalore di 100mila euro”.
Per questo, sempre secondo l’accusa, a seguito di un ulteriore e diverso accordo rispetto a quello del 27 febbraio 2010 Zappala avrebbe promesso e consegnato ai componenti di vertice del clan sanluchese la somma dei 100mila euro al fine di ottenere a proprio vantaggio l’ulteriore pacchetto di voti dei Pelle.
L’accordo relativo a questa presunta compravendita di voti sarebbe stato poi ratificato la sera del 12 marzo 2010, nel corso di un incontro a Reggio tra il politico, Antonio Pelle (cl. 1986), Giuseppe Antonio Mesiani Mazzacuva e altri.
MESIANI, I 100MILA EURO E IL PRESTITO DI ZAPPALÀ
Un nuovo passaggio per la ricostruzione della vicenda scaturirebbe poi dal contenuto dell’interrogatorio di garanzia reso da Mesiani Mazzacuva il 22 dicembre 2010 all’indomani dell’arresto nell’operazione “Reale 3”. Nel corso della deposizione il Mesiani - manifestando l’intenzione di precisare gli estremi delle intercettazioni che lo avevano riguardato, quindi anche quelle del 12 marzo 2010 che contenevano elementi sulla configurazione delle condotte corruttive – dichiarava agli inquirenti, senza che alcuna contestazione gli fosse mossa sul punto, che la cifra di 100mila euro che compariva nei dialoghi era da ricondurre a un prestito intercorso tra lui e Zappalà. In realtà, le intercettazioni restituirebbero un quadro molto diverso: la somma richiamata nelle registrazioni sarebbe stata chiaramente indicata da Mesiani, sottolineano gli investigatori, “come strumentale al perseguimento di finalità politiche del candidato Zappalà, necessarie per superare la debolezza elettorale di quest’ultimo in alcune zone della Locride”.
IL DENARO INCASSATO DA UNA SOCIETÀ EDILE
Se negli intenti di Mesiani le dichiarazioni avrebbero dovuto avere un effetto depistatorio, nella realtà hanno costituito una importante traccia da seguire e sviluppare. Infatti, accertamenti successivi, eseguiti a riscontro delle sue affermazioni, hanno permesso di rintracciare e acquisire la copia di una scrittura privata con oggetto la concessione di un prestito di denaro (pari a 100mila, consegnati con i 10 assegni circolari emessi in forma libera) che recava la data del 25 marzo 2010. I contraenti erano tra l’ex consigliere regionale e lo stesso Mesiani; il prestito sarebbe stato erogato per far fronte a delle difficoltà economiche nate da un mancato incasso sorto nell’ambito dell’attività imprenditoriale di Mesiani. Per gli inquirenti, però, la scrittura privata sarebbe ideologicamente falsa “in ordine alle finalità della transazione”: non un prestito, insomma - sostengono – “ma il pagamento di un pacchetto di voti” e con quell’atto si sarebbe voluto conferire una giustificazione lecita al passaggio di denaro.
Si sarebbe poi accertato che gli assegni circolari erano stati negoziati il 26 marzo 2010, da Anna Errante, moglie di Mesiani Mazzacuva, che li avrebbe versati su un conto corrente intestato ad una società edile di Bova Marina (RC), di cui la donna era amministratore. L’importo sarebbe stato poi contabilizzato in “fittizie voci di bilancio” in modo da non renderne identificabile la provenienza.
IL PACCHETTO DI VOTI DA 400 MILA EURO
Inoltre, sempre ai fini di una compiuta ricostruzione della vicenda, fondamentale importanza avrebbero le intercettazioni eseguite nell’ambito dell’indagine “Inganno”, sviluppata dalla Direzione Distrettuale Antimafia con i Carabinieri di Locri, all’indirizzo, tra gli altri, di Sebastiano Giorgi, all’epoca dei fatti Sindaco del Comune di San Luca, il quale, il 4 dicembre del 2013, è stato arrestato. Dalle indagini di allora emerse che Giorgi - da poco condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa – sarebbe stato il referente politico-amministrativo della ‘ndrangheta di San Luca e avrebbe avuto contatti costanti con esponenti di spicco di importanti casati mafiosi del piccolo centro aspromontano. “Egli quindi – scrivono gli investigatori - in virtù dei rapporti intrattenuti con ambienti ‘ndraghetistici e del suo inserimento nel contesto politico locale, disponeva di un patrimonio conoscitivo tale da consentirgli di comprendere bene le dinamiche interne all’organizzazione mafiosa e di essere costantemente informato dei rapporti fra la ‘ndrangheta di San Luca e la politica”.
Da alcune delle intercettazioni, sarebbe emerso che l’ex Sindaco di San Luca era al corrente che in occasione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale della Calabria 2010, Zappalà avrebbe ottenuto un risultato definito «sorprendente», grazie al fatto di aver “pagato soggetti appartenenti alla ‘ndrangheta per ottenerne il sostegno elettorale”.
Risulterebbe inoltre che sempre Giorgi sapesse che il 26 marzo 2010 l’ex consigliere aveva erogato alla ‘ndrangheta di San Luca una somma di 400mila euro in cambio di un pacchetto di voti di cui, evidentemente, la somma di 100mila sarebbe stata, forse, la quota spettante alla cosca Pelle. Tale assunto troverebbe riscontro proprio nel dato di natura temporale evidenziato: gli assegni mediante i quali il politico avrebbe erogato i 100 mila euro entrarono nella disponibilità di Mesiani proprio il 26 marzo.
I CONTI IN TASCA A ZAPPALÀ E I PRESUNTI FONDI NERI
Da ultimo, altra parte dell’approfondimento investigativo ha mirato alla verifica delle modalità con le quali Zappalà sarebbe venuto nella disponibilità di una così ingente somma di denaro. Per capirlo erano stati eseguiti accertamenti patrimoniali all’indirizzo sul politico, i suoi familiari e di una società fisioterapica di Bagnara di cui era amministratore unico la moglie del politico ed in cui quest’ultimo rivestiva un ruolo che gli inquirenti definiscono “di dominus occulto” intrattenendo, sempre secondo l’accusa “rilevanti rapporti commerciali con numerose altre società alcune delle quali risultate essere cosiddette società cartiera, le quali avevano emesso, per un lungo periodo, proprio a favore della … (azienda fiositerapica, ndr), fatture per operazioni inesistenti per un valore di vari milioni di euro”.
L’effetto economico finale di queste operazioni - che gli investigatori considerano “un artifizio di natura contabile funzionale all’evasione delle imposte sui redditi” – sarebbe stato quello di “drenare denaro (anche contante), creando un ‘fondo nero’, dal quale attingere per poter affrontare esigenze legate alle affermazioni elettorali del politico bagnarese”. Tali disponibilità liquide sarebbero poi state allocate fuori dal bilancio della società per entrare nella disponibilità del consigliere “attraverso ulteriori artifizi contabili e con la complicità e la consulenza di appositi professionisti”.