Dda: “imprenditore mafioso”, scatta il sequestro a beni per 13 milioni

Reggio Calabria Cronaca

Sigilli sono scattati ad un patrimonio - composto da società, proprietà immobiliari e rapporti finanziari - dal valore stimato nella ragguardevole cifra di oltre 13 milioni di euro.

La misura è andata a colpire i beni intestati o considerati riconducibili a Carmelo Sposato, 45enne imprenditore edile nel settore pubblico e privato, ex assessore allo Sport, Turismo e Spettacolo del Comune di Taurianova, indiziato di appartenere alla cosca di ‘ndrangheta locale degli Sposato-Tallarida.

Il provvedimento - emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale del capoluogo dello stretto, presieduta da Ornella Pastore, su richiesta dell’Aggiunto Calogero Gaetano Paci e del Sostituto Giulia Pantano - è stato eseguito stamani dalle fiamme gialle reggine e dallo Scico, il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia locale, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri.

La figura di Sposato emerse nell’ambito dell’operazione “Terramara Closed” (LEGGI). Il blitz, condotto dalla Squadra Mobile, dal Reparto Operativo dei Carabinieri e dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza, si concluse nel dicembre del 2017 con l’arresto di 47 persone, tra cui lo stesso imprenditore.

IL PRIMO SEQUESTRO DA 25 MILIONI

L’accusa contestò a Sposato, all’epoca “pubblico ufficiale” e nel pieno svolgimento delle sue funzioni di assessore comunale, i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni ed estorsione, il tutto aggravato dal fatto che i soggetti fossero ritenuti “intranei” alla cosca Avignone-Zagari-Fazzalari-Viola, a cui apparterrebbe il gruppo mafioso degli Sposato-Tallarida, clan attivo nel mandamento tirrenico reggino.

Allora vennero cautelati compendi aziendali di imprese e società, beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per un valore che si stimava intorno ai 25 milioni di euro (LEGGI).

In questo contesto, il Gico delle fiamme gialle - indagando su possibili infiltrazioni della criminalità nel tessuto economico locale e con l’intento anche di aggredire i patrimoni accumulati illecitamente - ritenne di aver ricostruito il patrimonio accumulato, tra gli altri, proprio dai componenti del nucleo familiare degli Sposato, eseguendo degli approfondimenti sulle transazioni economico-finanziarie e patrimoniali effettuate dagli indagati negli ultimi 20 anni.

Gli accertamenti avrebbero evidenziato, per ciascuno dei coinvolti, quella che gli investigatori hanno definito come una “significativa, ingiustificata differenza tra il reddito dichiarato ai fini delle imposte sui redditi e il patrimonio posseduto, anche per interposta persona”.

Al riguardo, venne riscontrata, sempre in capo agli stessi indagati, la disponibilità di redditi regolarmente dichiarati ai fini delle imposte ma ritenuti “non idonei a giustificare le cospicue acquisizioni patrimoniali”.

Nello stesso mese di quel dicembre, sulla scorta degli elementi di prova raccolti dal Gico durante l’esecuzione del primo provvedimento e al termine delle altre investigazioni patrimoniali eseguite, la Direzione Distrettuale Antimafia aveva disposto in via d’urgenza il sequestro preventivo sull’intero compendio aziendale di altre due imprese edili - delle quali una risultata riconducibile a Carmelo Sposato, sebbene intestata a terzi, considerati come “prestanome” - il cui patrimonio fu calcolato in 10 milioni di euro (LEGGI).

Successivamente la Dda delegò al Nucleo Pef-Gico un’apposita indagine, sempre a carattere economico-patrimoniale, con lo scopo di individuare beni mobili ed immobili che fossero riconducibili allo stesso imprenditore ed alla sua famiglia, e finalizzata all’applicazione di una misura di prevenzione.

SOTTO LA LENTE LE RICCHEZZE ACCUMULATE IN 20 ANNI

Gli investigatori, pertanto, ritenendo dapprima di aver delineato un “profilo di pericolosità sociale qualificata” del 47enne, anche valorizzando le risultanze delle precedenti indagini, indirizzarono la loro attenzione sulle acquisizioni patrimoniali, dirette o indirette, effettuate in circa 22 anni, ovvero dal lontano 1997 ad oggi.

Da qui sono arrivati a ritenere vi fosse una sproporzione tra il profilo reddituale e quello patrimoniale, ma soprattutto, la presunta “natura mafiosa dell’attività d’impresa” svolta nel tempo da Sposato, considerato dunque dagli inquirenti come un “imprenditore espressione della cosca di riferimento”.

Alla luce di questi risultati, il Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Dda, ha formulato “in questa fase sommaria un giudizio incidentale di pericolosità sociale” dell’imprenditore, ritenendo di aver fatto luce su “un quadro di sicura contiguità funzionale mediante comportamenti fattivi in favore della cosca Sposato la cui esistenza ha trovato riconoscimento nelle citate pronunce della Suprema Corte”.

Da qui è stato disposto oggi il sequestro dell’intero patrimonio di Sposato, costituito da quattro imprese o società commerciali, da quote societarie, fabbricati e terreni (nelle province di Rieti e Pesaro) e disponibilità finanziarie.