Processo “Purgatorio”, testi davanti al giudice: confermate alcune tesi della difesa
Continua a Vibo Valentia il processo cosiddetto “Purgatorio” che vede imputati, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, Maurizio Lento ed Emanuele Rodonò, rispettivamente ex capo e vicecapo della Squadra Mobile di Vibo e l'avvocato Antonio Galati.
Davanti ai giudici sono comparsi come testi, chiamati dalla Dda di Catanzaro, gli investigatori della polizia che nelle loro deposizioni hanno anche confermato alcune delle tesi sostenute invece dagli avvocati Armando Veneto, Maurizio Nucci, Sergio Rotundo e Guido Contestabile, legali degli imputati.
Come Alfonso esposito, ispettore della Mobile catanzarese dalla cui dichiarazione è emerso che Lento avrebbe informato lo Sco della polizia su diverse indagini in corso contro la cosca dei Mancuso di Limbadi mentre le dichiarazioni di un altro ispettore, Carmelo Pronestì, avrebbero spiegato come non solo l'avvocato Galati ma, in generale, tanto la popolazione vibonese quanto gli stessi investigatori erano soliti indicare gli appartenenti al clan, anche negli atti, con dei soprannomi o con il termine "zio" prima del nome.
Elementi, questi, importanti per la difesa dato che la contestazione dell'associazione mafiosa all'avvocato Galati da parte della Dda si basa anche sulla terminologia che lo stesso sarebbe stato solito usare (nei dialoghi intercettati) per indicare gli esponenti dei Mancuso.