Soppressione Giudice di Pace: sindaco di Sqillace scrive al ministro Severino
Contro la soppressione degli uffici del giudice di pace, il sindaco di Squillace, Guido Rhodio, ha inviato una lettera urgente al ministro della Giustizia Paola Severino, contestando fermamente la decisione, che si basa, secondo Rhodio, su presupposti errati o non veritieri. Questo il testo della lettera del sindaco al ministro.
«Signora Ministro, la decisione presa, su Sua proposta, dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 10 Agosto u.s., con cui si è data via libera definitiva ai decreti legislativi di revisione delle circoscrizioni giudiziarie e in particolare alla soppressione di 667 uffici di Giudici di pace, mi spinge a superare ogni ulteriore procedura spiccatamente istituzionale (Delibere, telegrammi, petizioni, ecc.) con il suo Ministero e dare luogo ad un franco colloquio – se amabilmente me lo permetterà – tra Lei, autorevole e prestigioso Ministro della Repubblica ed un modestissimo Rappresentante (anche se di lunghissima esperienza: 50 anni di vita pubblica in ruoli diversi) di una Istituzione Locale, che, anche se piccola demograficamente, è espressione di quella articolazione pluralista dello Stato, che la Costituzione, all’art. 5, come Lei ben sa, “riconosce” preesistente allo Stato stesso. Lo faccio con spirito assolutamente collaborativo e non polemico, ma anche con l’immancabile, sincera chiarezza che deve stare a base di ogni confronto civile e sereno tra Istituzioni, specie quando sono in gioco e si pregiudicano servizi fondamentali per le popolazioni. Le dico subito, e senza mezzi termini, che non condivido, né apprezzo, né accetto la decisione da Lei perorata, e fatta trasformare in legge, di far sopprimere (a parte la riduzione dei Tribunale, che richiede un discorso specifico) i 667 Giudicati di Pace che, ab immemorabili – sotto forma organizzativa diversa (Giudicati di Pace, Preture mandamentali, Giudice Conciliatore comunale, ecc.) hanno esercitato la Giustizia di base (quella minuta per i cittadini meno abbienti, per la “povera gente”) in stretto e diretto contatto con i cittadini che ne avevano bisogno e diritto, ai quali era assicurata senza troppa burocrazia, o artificiose esigenze economico-finanziarie, o un marcato centralismo organizzativo, costosissimo soprattutto sul piano umano e sul piano del diretto e immediato soddisfacimento dei bisogni in materia tanto delicata e importante. Avrei potuto capire – ma giammai condividere o apprezzare – una Sua decisione in tal senso, se fosse stata motivata da una posizione culturalmente di principio; cioè da una Sua avversione pregiudiziale e categorica ad una visione dello Stato in termini di decentramento: io, e con me la stragrande parte dei Sindaci ed Amministratori Locali, avremmo potuto in tal caso, con disappunto e amarezza, prendere atto che ripetute e incisive battaglie, portate avanti da intere generazioni per affermare principi modernissimi e universali come quelli di “sussidiarietà” e di “prossimità”, venivano messe in soffitta da Lei e dal Governo di cui fa parte, senza battere ciglio ed espropriando le popolazioni periferiche di servizi e diritti consolidati. Quello che più sorprende – invece - è il fatto che Ella inquadra e giustifica questo drastico provvedimento, collocandolo nell’attuale congiuntura economico-finanziaria e che Ella sia indotta a farlo per conseguire risparmi ed economie di spese nel settore dell’amministrazione della Giustizia. Niente di più immotivato e di più inaccettabile sul piano realistico e sul piano della ratio amministrativa, perché si basa su presupposti concretamente errati o addirittura non veritieri. Possibile che Ella non abbia conoscenza, infatti, che il provvedimento non porterà alcun risparmio alle casse dello Stato, ma solo danni e disagi ai cittadini? Posso credere che Ella non sia informata del fatto che: a) la quasi totalità dei locali per i Giudici di Pace – a cominciare da quelli della mia cittadina – sono messi disposizione gratuitamente dai Comuni, ai quali non viene dato neanche un euro per il fitto e per la manutenzione?; b) quasi tutte le spese di gestione e arredamento dei locali medesimi (luce, gas, ecc.) vengono giornalmente anticipate dai Comuni, ai quali viene da codesto Ministero regalato un rimborso forfettario e risibile, rispetto alle spese effettivamente sostenute, e solo dopo anni ed anni della presentazione dei documenti di spesa? Allora qual è il risparmio che lo Stato realizza con la cancellazione degli Uffici dei Giudici di Pace, le cui spese sono quasi interamente sostenute dai poveri Comuni? Non credo che Ella vorrà tirare in ballo la spesa per il personale, che, doverosamente, la normativa emanata mantiene in servizio, mediante assegnazione o trasferimento ad altre strutture giudiziarie (“ridistribuzione sul territorio”); mentre viene inopinatamente cancellata l’ipotesi riorganizzativa e di impegni gestionali associati tra Comuni contermini (Legge 14 settembre 2011 n° 148), che il Suo Ministero aveva sollecitato nei mesi scorsi e che gran parte dei Comuni italiani – compresi il mio – si erano affrettati ad assecondare con precisi atti deliberativi dei Consigli e Giunte, tempestivamente trasmessi a codesto Ministero dai Sindaci viciniori interessati e dal sottoscritto. Se non si realizza nessun risparmio – come risulta dimostrato e lampante – resta la domanda d’obbligo: cui prodest (a chi veramente giova) la soppressione dei Giudici di Pace, al di fuori di una riforma organica, meditata e ampiamente condivisa del comparto Giustizia in Italia? Non vorremmo che siano diventate quanto mai penetranti e decisive le interferenze (“pressioni”?) di settori od ambienti che puntano alla graduale “privatizzazione” della Giustizia con Organismi di mediazione (D:Lgs n. 28 del 4 marzo 2010, ecc.), sorvolando sul prevalente pubblico interesse e passando sulla testa dei cittadini e dei territori. Perché saranno soltanto i cittadini e i territori a subire le conseguenze di questi disastrosi provvedimenti: pensi, a quanto accadrà – per quanto mi riguarda - nella sola mia Provincia: circa 12 Uffici periferici accorpati a Catanzaro, dove bisognerà trovare adeguati locali e si dovranno pagare le corrispondenti spese di fitto e di gestione, che non credo si potrà accollare il Comune Capoluogo (notoriamente anch’esso in difficoltà finanziaria); né credo che qualcuno possa surrettiziamente pensare che a concorrere saranno i Comuni or ora spogliati, che possedevano strutture proprie e che poi verrebbero caricati di spese ingiustificate e inammissibili. Sarà allora lo Stato a farsene carico? Quindi, che bisogno c’era di sopprimere gli Uffici periferici, costringendo i cittadini a sottoporsi a lunghi e costosi traslochi e viaggi nel capoluogo provinciale, a frenetica ricerca di parcheggi impossibili nelle sature città, a lunghe ed estenuanti file e lungaggini burocratiche per ottenere giustizia su piccole e contenute questioni e controversie? Neanche il Medioevo e neanche la Dittatura giunsero a tanto! È possibile sperare in un ripensamento che garantisca quella “fiducia reciproca nella vita sociale” (e tra Istituzioni!), richiesta ieri a Rimini dal Presidente Monti?” Guido Rhodio, Sindaco di Squillace.