“Dinasty 2”, annullata condanna. Processo da rifare
Ha accolto il ricorso degli avvocati del presunto boss di Limbadi, Antonio Mancuso, la seconda sezione penale della Corte di Cassazione. Ha così disposto per Mancuso un nuovo processo di secondo grado a Salerno, nella stessa Procura che l’ha condannato a 7 anni di reclusione.
La decisione è arrivata dopo una camera di consiglio di qualche ora e dopo gli interventi del procuratore generale che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso avanzato dalle difese in relazione alla circostanza di un giudizio già emesso per gli stessi fatti di reato nei confronti dell’imputato, e dei legali di fiducia di Mancuso.
Il 18 aprile 2015 i giudici avevano condannato Mancuso, assolto numerosi indagati e constatato 7 prescrizioni. Sono invece state 17 le assoluzioni mentre il troncone principale aveva già portato alla condanna in Cassazione (2 anni e 4 mesi) dell’ex presidente della sezione civile del Tribunale di Vibo Valentia. Le prescrizioni avevano interessato il tecnico del Comune di Parghelia Achille Sganga e l’architetto Giancarlo Sganga, poi Fortunato Polito, Salvatore Valenzise, Antonio Ventura, Pierina Penna, e Maria Ventura. Assoluzione con formula piena per l’imprenditore vibonese Antonio Castagna (3 anni e 2 mesi in primo grado), l’ex sindaco di Parghelia, Vincenzo Calzona (8 mesi in primo grado) e l’ingegnere cosentino Ernesto Funaro. Stessa sorte, in quanto la stessa Procura generale di Salerno ha rinunciato all’appello fatto dai pm di primo grado (Direzione distrettuale antimafia di Salerno), anche per sei avvocati vibonesi: Antonio Galati, Santo Gurzillo, Filippo Accorinti, Michele Accorinti, Gaetano Scalamogna e Giovanni Vecchio.
Rinuncia all’appello e assoluzione pure per il boss Pantaleone Mancuso, Giuseppe Esposito, Orazio Cicerone, il commercialista vibonese Ilo Bianchi, e gli imprenditori Vincenzo Colistra, Francesco Miceli, Teresa Callà, Umberto Franco. È rimasta in piedi soltanto la condanna di Mancuso per l’estorsione aggravata dalle modalità mafiose per centinaia di migliaia di euro in ordine alla realizzazione del complesso turistico “Melograno Village” a Parghelia che è stato il fulcro dell’inchiesta “Dinasty 2 - Do ut des”, per la quale a cinque imputati - Pasquin, Castagna, Tulino e i due Sganga - era contestata anche l’associazione a delinquere successivamente caduto.