‘Ndrangheta: Dda, a Bernaudo e Ruffolo anche associazione mafiosa
Umberto Bernaudo e Pietro Paolo Ruffolo, esponenti del Pd, ex consiglieri provinciali di Cosenza, avrebbero dovuto essere sottoposti a provvedimento cautelare anche per concorso esterno in associazione mafiosa e per la contestazione dell'aggravante delle modalità mafiose. È quanto sostenuto dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che oggi, nella persona del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, ha discusso in aula -. informa l'Agi - il ricorso presentato avverso il provvedimento del giudice distrettuale per le indagini preliminari che ha disposto per i due indagati la misura della custodia ai domiciliari, non confortando la tesi degli inquirenti quanto alle contestazioni in tema di mafia.
Bernaudo e Ruffolo, ex sindaco ed ex assessore all'Urbanistica di Rende, sono stati raggiunti a metà novembre da un provvedimento cautelare nell'ambito di una vasta inchiesta condotta da Dia e Carabinieri, nell'ambito della quale è ipotizzato che i due ottennero appoggio elettorale in occasione delle elezioni provinciali del 2009 da presunti esponenti dei Di Puppo-Lanzino, considerati ai vertici della 'ndrangheta del Cosentino.
Posti ai domiciliari, i due ex consiglieri provinciali sono stati poi rimessi in libertà dal tribunale del riesame. Ma la Procura antimafia di Catanzaro già all'epoca degli arresti aveva reso noto di voler impugnare l'ordinanza del gip che non ha ritenuto di sostenere le contestazioni in tema di mafia, secondo la Dda in base a motivazioni che sarebbero carenti. Una convinzione che oggi l'aggiunto Borrelli ha spiegato ed argomentato per oltre un'ora davanti ai giudici del tribunale della libertà che, dopo le discussioni dei legali di Bernardo e Ruffolo, si sono riservati la decisione.