‘Ndrangheta: minacce e attentati, ricostruito ruolo clan Soriano
Rivendite di automobili saltate in aria a suon di bombe, colpi d'arma da fuoco contro abitazioni ed auto di appartenenti alle Forze dell'ordine, intimidazioni ai danni di esercizi commerciali e colpi di pistola contro le auto di alcuni testimoni "scomodi". Questo lo scenario emerso stamane in Tribunale a Vibo Valentia nel processo "Ragno" contro il clan Soriano di Filandari, centro del Vibonese.
A deporre sono stati sei carabinieri delle Stazioni di Filandari e San Costantino Calabro i quali, rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro Simona Rossi, hanno descritto anni di violenze, intimidazioni e soprusi che il clan Soriano avrebbe esercitato per imporre il "controllo" del territorio. Fra le vittime del clan, anche un carabiniere che dopo aver ricevuto in caserma una telefonata intimidatoria ritrovò l'autovettura crivellata da colpi di pistola.
Il titolare di una pasticceria di Ionadi, nel Vibonese, sarebbe stato invece costretto a regalare costosi cestini natalizi ad appartenenti al clan Soriano. Associazione mafiosa, estorsioni, danneggiamenti, detenzione di armi ed esplosivo i reati, a vario titolo, contestati.
Invettive ed "avvertimenti" contro magistrati ed investigatori sono state lanciate stamane in aula da Leone Soriano, presunto boss dell'omonimo clan di Filandari, centro del Vibonese, nel corso del processo "Ragno" che si sta celebrando dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia. Collegato in videoconferenza dal carcere di Viterbo dove è sottoposto al regime del carcere duro, Leone Soriano nel corso di dichiarazioni spontanee, ha inveito contro gli artefici dell'operazione antimafia "Ragno".
Nel mirino del boss l'allora pm della Dda di Catanzaro Giampaolo Boninsegna ed il comandante della Stazione dei carabinieri di Vibo, Nazzareno Lopreiato, accusandoli di una sorta di accanimento nei suoi confronti e dell'intera "famiglia" Soriano. Il presunto boss ha poi accusato i Mancuso di Limbadi di aver tramato con un avvocato per consegnare l'intero clan Soriano agli investigatori.
Leone Soriano, dopo aver ironizzato su una sua presunta collaborazione con la giustizia, ha poi "invitato" il pm di udienza, Simona Rossi, a "lasciare in pace i propri figli" che agli occhi del presunto boss sarebbero perseguitati dagli investigatori. Il pm ha quindi chiesto al Tribunale di disporre la trasmissione delle dichiarazioni rese in aula da Leone Soriano all'ufficio di procura della Dda di Catanzaro per valutarne tutti i possibili profili di reato. (AGI)