Bomba alla Procura, indagato anche un uomo delle istituzioni
Forse la stessa mano per la bomba fatta esplodere davanti alla Procura e l'ordigno davanti l'abitazione del pg Di Landro. I primi risultati dell'indagine che la Procura di Catanzaro sta conducendo sull'esplosione del tre gennaio chiariscono molte cose. Dieci persone sono state iscritte nel registro degli indagati, associazione a delinquere di stampo mafioso e attentato a corpo giudiziario le accuse più pesanti. Tra i dieci sospettati anche i due esecutori materiali, le persone riprese dalla telecamera del tribunale mentre a bordo di uno scooter piazzavano la bombola di gas innescata da un panetto di tritolo. E non solo: un avviso di garanzia sarebbe stato notificato anche a un insospettabile, un uomo delle istituzioni, accusato di essere fiancheggiatore dei clan. Il clan sarebbe quello dei Serraino, alleato da sempre con la potente famiglia Condello. Il nome della 'ndrina era emerso già pochi giorni dopo l'attentato. Il tipo di ordigno utilizzato sarebbe, infatti, stato usato solo in un'altra occasione, 18 dicembre 2009 contro un locale di un ex collaboratore di giustizia, che ricade nel territorio controllato dalla cosca dei Serraino.
Per la Dda catanzarese è stato il «nuovo corso» intrapreso dalla Procura a far scatenare la reazione delle cosche. Le bombe quindi come risposta ai provvedimenti del pg Di Landro specie in tema di confische. Emerge la potenzialità distruttiva dell'ordigno confezionato artigianalmente con mezzo chilo di tritolo e una miccia a combustione lenta. Ora bisogna capire se l'esplosivo utilizzato è lo stesso dell'attentato del 3 gennaio contro la procura. Un altro elemento di comparazione tra i due episodi è rappresentato dalle modalità di esecuzione, due persone a bordo di un motorino, ma ancora nulla è certo. A far crescere la tensione attorno alla magistratura calabrese anche il ritrovamento avvenuto ieri nel palazzo di giustizia di Catanzaro di un finto pacco bomba.