Bomba in Procura: decisione condivisa dai “clan”
La bomba fatta esplodere davanti alla Procura generale di Reggio Calabria sarebbe il frutto di una ''decisione condivisa" da buona parte delle cosche più importanti della 'ndrangheta. E' questa una delle ipotesi su cui si starebbero concentrando inquirenti ed investigatori.
Dagli elementi emersi finora non sarebbe comunque ancora stato possibile inquadrare a quale cosca appartengano gli affiliati che hanno materialmente piazzato la bomba. Quel che sembra però emergere con certezza è che una decisione di questo tipo - con il duplice obiettivo di alzare il livello di scontro e di mandare un messaggio chiaro a magistrati ed investigatori - sia stata "condivisa" dai vertici di diverse 'ndrine. Sia da quelle direttamente coinvolte nei procedimenti d'appello sia da quelle colpite da sequestri e confische sia da quelle che sarebbero state 'contattate' per avallare l'attentato.
Intanto è giunta la notizia che la targa dello scooter ripreso dalle telecamere era stata ovviamente contraffatta per renderla illeggibile. I carabinieri stanno approfondendo, comunque, l'esame delle immagini alla ricerca di qualsiasi particolare.
''I criminali sono portati a pensare che nel processo d'appello le cose si sistemano, quando questo non avviene, quando anche qui si rendono conto che prendono bastonate, qualcuno può avere la tentazione di reagire". A parlare, in un'intervista a La Repubblica, è il procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore di Landro, che sottolinea come nella sua Procura "si fanno i giochi nel merito, dopo c'é solo il giudizio di legittimità della Cassazione".
Il procuratore fuga ogni dubbio sulla matrice dell'attentato: "per dimensioni, caratteristiche e per la professionalità degli attentatori -.afferma - sulla matrice mafiosa non credo ci possano essere dubbi". L'attività della Procura di Reggio Calabria, spiega Di Landro, si concentra sui processi in grado di appello e sulla confisca dei beni, "su entrambi i fronti - aggiunge - ho impostato il lavoro con il massimo del rigore e del controllo". Forse, secondo Di Landro, "qualcuno si era illuso che tenessimo un profilo più basso". "Le cosche tradizionali si spartiscono il territorio con una capillarità impressionate" sottolinea il procuratore, al punto che è possibile identificare "il confine della giurisdizione tra due clan". L'attentato non frenerà l'attività, "le indagini vanno avanti con determinazione".
Intanto Reggio Calabria reagisce con un sit-in silenzioso davanti la sede della Procura generale organizzato dall'associazione antimafia Libera per esprimere solidarietà ai magistrati. "A nome anche delle altre 1500 realtà associate - afferma in un messaggio il presidente dell'associazione, don Luigi Ciotti, - voglio esprimere tutta la mia vicinanza e sostegno alla Procura generale di Reggio Calabria e ai giudici che vi operano". "Ai nostri amici magistrati - dice Mimmo Nasone, di Libera a Reggio - diciamo di essere sempre più determinati e al ministro Maroni diremo quanto sia necessario rafforzare gli apparati dello Stato qui a Reggio Calabria".