Attentati ai magistrati reggini, ascoltati in aula Di Landro ed il pentito Lo Giudice
Il procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro, e l'imputato Luciano Lo Giudice sono stati i protagonisti dell'udienza di oggi nel processo a carico di tre imputati per gli attentati di due anni fa contro i magistrati in servizio nella citta' dello Stretto, e in particolare contro lo stesso Di Ladro, e l'ex procuratore Giuseppe Pignatone, ora a capo della Procura di Roma, entrambi destinatari delle intimidazioni. Il procuratore generale e' stato sentito in qualita' di persona offesa e, nel corso della sua lunga audizione, ha espresso pesanti dubbi sulla ricostruzione degli attentati fatta dal boss pentito Antonino Lo Giudice.
Il pentito, nel corso della sua collaborazione, si e' assunto la responsabilita' di aver deciso di dare il via alla stagione delle intimidazioni a Reggio, facendo i nomi dei complici esecutori. Di Landro, in particolare, ha spiegato di non credere che una piccola cosca come quella dei Lo Giudice abbia agito per proprio conto, dicendosi certo che ci sia stato piuttosto l'input di qualcun altro, ed evidenziando come il collaboratore non si sia pronunciato proprio in merito a quelli che sarebbero stati i veri mandanti degli attentati. Nel corso della deposizione, infine, Di Ladro ha detto di essere a conoscenza di rapporti fra il pentito Antonino Lo Giudice e magistrati che hanno prestato servizio a Reggio Calabria. E contro la veridicita' delle dichiarazioni del boss Antonino Lo Giudice si e' espresso anche il fratello di quest'ultimo, Luciano, uno degli imputati nel processo, accusato proprio dal primo di aver preso parte alla strategia della tensione attuata a Reggio. Ma Luciano Lo Giudice, che oggi ha rilasciato spontanee dichiarazioni, si e' detto completamente innocente, ricordando di non aver mai avuto problemi con la giustizia e di aver sempre "lavorato onestamente".
Luciano Lo giudice ha spiegato di essere stato ai "ferri corti" con il fratello, che lo avrebbe privato dei suoi risparmi, ed ha raccontato che dopo il suo arresto gli inquirenti lo incontrarono per tentare di convincerlo a collaborare, come aveva fatto Nino, ma che lui non avrebbe certo potuto farlo perche' di tutte quelle vicende non sapeva nulla, essendo completamente estraneo. I giudici del tribunale collegiale di Catanzaro (presidente Adriana Pezzo, a latere Emanuela Folino e Barbara Fatale) hanno infine aggiornato il rito immediato al 13 febbraio, per l'audizione di altri testimoni. Al processo, nel quale sono costituiti parte civile il Ministero della Giustizia, la Regione Calabria e il Comune di Reggio Calabria, sul banco degli imputati siedono Luciano Lo Giudice, Antonio Cortese, ritenuto l'armiere della cosca Lo Giudice, e Vincenzo Puntorieri, legato a Cortese. Ha invece scelto la strada del giudizio abbreviato il quarto imputato, il boss pentito Nino Lo Giudice, che il 5 ottobre scorso e' stato condannato a 6 anni e 4 mesi di reclusione. Nel corso delle indagini gli imputati sono stati raggiunti, il 15 aprile dello scorso anno, da un'ordinanza cautelare di custodia in carcere come presunti responsabili degli attentati compiuti contro la Procura generale di Reggio e l'abitazione del procuratore generale Di Ladro, nonche' delle intimidazioni di cui e' stato vittima l'ex procuratore della Repubblica in servizio nella Citta' dello Stretto, Pignatone. L'inchiesta ebbe un input determinante proprio da Antonino Lo Giudice, quando questi decise di collaborare.