Le associazioni dicono No allo sfruttamento del territorio crotonese
Riceviamo e pubblichiamo una nota da Altura, Italia Nostra, Enpa Crotone, Arci Crotone, Movimento Terra Aria Acqua e Libertà, Mediterranea Natura, Gruppo Archeologico Crotoniate, Comitato Naz. Paesaggio.
"Le ultime notizie sulla persistenza ed il paventato aumento dell’estrazione di gas metano da parte dell’Eni a Crotone, (pare che Eni voglia ampliare l’estrazione del metano con nuovi impianti a mare ed a terra), fanno tornare alla ribalta l’annosa questione dello sfruttamento energetico del nostro territorio e dei danni che questo ha provocato. Da oltre ottanta anni, infatti, la provincia ed il territorio della città in particolare, ha registrato uno sviluppo economico, se così lo si può definire, incentrato sullo sfruttamento intensivo delle risorse naturali e del patrimonio ambientale.
La presenza stabile di tre piattaforme, anzi di quattro (la quarta è in arrivo) e di ben 82 tra pozzi ed impianti per l’estrazione del gas metano, di proprietà dell’Eni, (oltre 16% del fabbisogno nazionale di gas metano è estratto a Crotone) sta provocando da tempo il fenomeno della subsidenza – sprofondamento ed erosione del territorio, particolarmente evidente nel parco archeologico di Capo Colonna, area soggetta a vincolo archeologico ed ambientale perché compresa nell’ Area marina protetta “Capo Rizzuto”, tra le più estese in Italia.
Tali fenomeni di subsidenza sono stati confermati dal prof.Leonardo Seeber, sismologo di fama della Columbia University, il quale, in una recente intervista rilasciata ad un quotidiano nazionale, aveva fatto riferimento al fenomeno della subsidenza lungo le coste di Crotone, che stanno lentamente sprofondando rispetto al resto della Calabria.
Senza escludere altre cause, lo scienziato aveva ritenuto responsabili le ricerche petrolifere.
Le gigantesche piattaforme causano anche conseguenze negative alla flora ed alla fauna marine, al paesaggio costiero e marino, compromettendo così la vocazione turistica della costa ricadente nella riserva marina e nel parco Archeologico di Capo Colonna.
L’Eni continua a perpetrare, quindi, da quasi un secolo ormai, un vero e proprio sacco ai danni dei cittadini e del patrimonio culturale e naturale del territorio, sfruttamento che non ha avuto alcuna ricaduta occupazionale né economica per la comunità..
le associazioni firmatarie, insieme ai movimenti a difesa del territorio, intendono assumere una presa di posizione chiara
-contro l’Eni, colosso dell’energia a partecipazione statale (l’Eni è controllata in parte dal Ministero del Tesoro), primo responsabile dell’inquinamento e dello sfruttamento energetico nel crotonese;
-contro le politiche di sfruttamento intensivo del territorio, attraverso ulteriori impianti di estrazione, che l’Eni intende perseguire;
contro qualsiasi ulteriore costruzione od ampliamento di pozzi ed impianti per l’estrazione, sia a mare che a terra.
Le associazioni ritengono necessario che, prima di qualsiasi ulteriore intervento, l'Eni paghi i lavori della bonifica dei siti che ha inquinato per fare profitti (quantificati in 2.720 milioni di euro), garantendo la copertura economica a tutti gli interventi tecnicamente indispensabili al risanamento della terra, dell’aria e dell’acqua e che, infine, tutte le decisioni, le autorizzazioni e le scelte che riguardino la tutela dell’ambiente e della salute debbano essere prese attraverso la partecipazione diretta di tutti i cittadini."
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