Sopralluogo dove fu sciolto il corpo dei Lea Garofalo

Calabria Cronaca

Un sopralluogo nella zona alle porte di Milano dove il corpo di Lea Garofalo sarebbe stato sciolto e analisi del terreno, in parte delegate al Ris di Parma, alla ricerca di tracce di quell’orribile delitto. E poi accertamenti in un appartamento sotto sequestro da tempo e interrogatori delle sei persone ritenute responsabili dell’esecuzione della collaboratrice di giustizia. Sarebbero questi, da quanto è filtrato, i prossimi passi delle indagini della Procura milanese per cercare nuovi elementi da aggiungere a quelli già raccolti sull'omicidio di Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia sequestrata nel capoluogo lombardo lo scorso 24 novembre e punita con la morte e la distruzione del suo cadavere perchè da sette anni stava raccontando ai magistrati gli "affari" (droga e un omicidio) della famiglia del suo ex convivente, Carlo Cosco. Un caso di “lupara bianca” in pieno centro a Milano che ha portato agli arresti di Carlo Cosco, dei suoi fratelli Giuseppe e Vito, ed di altri tre complici Carmine Venturino, Rosario Curcio e Massimo Sabatino. Quest’ultimo, così come Carlo Cosco, trasferiti dal carcere di Campobasso (dove sono detenuti per un precedente tentato sequestro e omicidio della donna) in quello milanese di San Vittore, domani mattina sarà interrogato dal gip Giuseppe Gennari.

L’appartamento che i Magistrati milanesi intendono setacciare, e al quale sono stati messi i sigilli, è quello di Venturino. Lì, la sera del 24 novembre, Carlo Cosco, dopo aver lasciato l’ex convivente in zona Arco della Pace, si era recato per farsi una doccia e cambiarsi d’abito, per poi andare a casa del fratello, riprendere la figlia Denise (aveva trascorso qualche ora dagli zii) e riportarla dalla madre: le due avrebbero dovuto prendere il treno delle 23 per ritornare in Calabria. Treno su cui non sono mai salite. Al posto del viaggio è cominciato un film dell’orrore, con Denise alla disperata ricerca della madre e la madre, che manda l’ultimo suo segnale di vita poco dopo le 19 con un sms alla sorella, caricata a forza su un furgone e per essere giustiziata e sciolta nell’acido.

Carlo Cosco, finto in carcere a febbraio per il precedente tentativo di far fuori la ex, come scrive il gip Gennari nel suo provvedimento «è il regista e il principale esecutore della definitiva eliminazione di Lea Garofalo»: è il «mandante e organizzatore» dell’omicidio e, secondo le indagini, l’ultimo a vedere «ufficialmente» in vita la donna. Il suo cellulare tace dalle 18.17 fino alle 20.34, e cioè per tutto il tempo in cui si trova in compagnia della ex per parlare della figlia. Poi comincia a chiamare in progressione i suoi complici «evidentemente impartendo le dovute istruzioni». Inoltre la sera stessa della scomparsa rende dichiarazioni vaghe e per lo più smentite dal racconto di Denise. Nei giorni successivi e per mesi, la sua preoccupazione «massima (...) è mettere le mani sui verbali della figlia – e poi sulla figlia stessa, convocata brutalmente in carcere – per assicurarsi che nessun elemento emerga contro di lui». Anche “la scelta di dissolvere il cadavere – annota ancora il Giudice - “non è dettata da crudeltà o sadismo, ma da un’esigenza strettamente pratica»: mettere i Cosco al sicuro da eventuali sospetti.

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