Processo Lea Garofalo: chiesti sei ergastoli dal pm di Milano
Il pm di Milano Marcello Tantangelo, nel processo con al centro la morte di Lea Garofalo che venne uccisa e sciolta nell’acido, ha chiesto sei ergastoli. Per l’accusa devono essere condannati al carcere a vita l’ex compagno della donna, Carlo Cosco, e gli altri cinque complici. - E' quanto si legge sull'Ansa - . Quella di andare a Milano dall’ex compagno è stata una decisione sbagliata, ma come tutte le decisioni prese da Lea nella sua vita è stata una scelta fatta per il bene e nell’interesse di sua figlia». Così il pm della Dda di Milano Marcello Tatangelo ha descritto gli ultimi momenti della vita di Lea Garofalo nel processo milanese a carico del suo ex convivente Carlo Cosco e di altre 5 persone, tutti accusati, a vario titolo, di aver sequestrato e ucciso la donna calabrese, testimone di giustizia, sciogliendola in 50 chili di acido. La requisitoria del pm, iniziata ieri mattina, è ancora in corso e dovrebbe concludersi con le richieste di condanna tra circa un’ora. La sta seguendo, nascosta per "ragioni di sicurezza" in un corridoio a fianco all’aula della prima Corte d’Assise, anche la figlia di Lea, Denise Garofalo, 19 anni, parte civile nel processo contro il padre e gli altri imputati. Il pm ha mostrato in aula le immagini delle telecamere in zona corso Sempione-Arco della Pace a Milano, che ripresero "gli ultimi istanti documentati dell’esistenza in vita di Lea". La donna, infatti, quella sera del 24 novembre 2009, salì in macchina dell’ex compagno con cui, dopo anni e anni, "aveva cercato un contatto pensando che se magari avesse 'abbassato la testà, forse lei avrebbe potuto continuare a vivere accanto a sua figlia". Da quella sera di Lea non si seppe più nulla. Era andata a Milano con la figlia perchè Carlo Cosco aveva telefonato a Denise dicendole, come ha ricostruito il pm, “vieni a Milano, ti pago il biglietto e ti compro dei vestiti».
Per il pm, Cosco aveva programmato il sequestro e l'omicidio con "diabolica lucidità", ci pensava sin "dal 2001" e ci aveva già provato "sei mesi prima a Campobasso". Carlo Cosco e il fratello Giuseppe, secondo il pm, volevano ammazzarla e farla sparire perchè lei soprattutto sapeva e aveva parlato con gli inquirenti "di un omicidio avvenuto nel '95". Certo, ha chiarito il pm, "che Lea ha sopravvalutato sè stessa quando è andata a Milano con la figlia, ma immaginate voi una madre che non ha soldi per comprare un vestito alla figlia, che è terrorizzata, fragile e che sta cercando di salvarsi a suo modo dall’ex compagno. Ha agito ancora per il bene della figlia".