Lea Garofalo, niente aggravante mafiosa per Cosco. Le motivazioni del pm
Carlo Cosco, l’uomo che secondo gli inquirenti avrebbe ucciso e sciolto nell’acido la sua compagna, Lea Garofalo, visto che non è mai stato condannato per associazione mafiosa per l’omicidio non può essere contestata un'analoga aggravante.
Questo il presupposto delle motivazione rese note dal pm di Milano, Marcello Tatangelo, all’inizio della sua requisitoria nel processo che si sta svolgendo a Milano.
Una decisione, quella di Tatangelo, fortemente contestata da Marisa, sorella di Lea, e dalla madre, parti civili nel processo e assistite dall’avvocato Roberto D’Ippolito. Presente anche la figlia della collaboratrice, Denise, di 19 anni.
Nello specifico, il Pm ha sostenuto che “l'aggravante viene contestata quando è provato il fine di agevolare l’associazione mafiosa ma deve essere provata quindi anche l’esistenza della 'sottostante' associazione. E in questo caso abbiamo una sentenza che ha stabilito che tale associazione non c'era".
La conclusione della requisitoria è prevista per domani, quando arriveranno anche le richieste di condanna.