Cassazione, boss Mancuso non torna in carcere
Non ritornerà in carcere Giovanni Mancuso, 74 anni, ritenuto esponente di vertice dell'omonimo clan di Limbadi. Lo ha deciso la Cassazione che ha respinto il ricorso del sostituto procuratore generale, Marisa Manzini, che aveva appellato la decisione con la quale il Tribunale della Libertà di Catanzaro nel dicembre dello scorso anno aveva deciso di aprire le porte del carcere di Secindigliano, dove Mancuso era detenuto, per assegnarlo agli arresti domiciliari.
Il Tribunale del Riesame, ed ora la Cassazione, hanno stabilito il principio secondo il quale l'età avanzata e le condizioni di salute non ottimali di Mancuso sono preminenti rispetto alle esigenze cautelari in carcere. La decisione sconfessa quanto stabilito dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia che in precedenza aveva respinto la richiesta di "domiciliari" per Mancuso, difeso in Cassazione dagli avvocati Giuseppe Di Renzo e Giovanni Aricò, motivandola con il fatto che la contestazione di essere un "promotore ed un capo" dell'omonimo clan non permetteva una custodia cautelare diversa da quella del carcere. Giovanni Mancuso è stato condannato il 3 maggio 2013 a 6 anni per associazione mafiosa nel processo "Genesi". È poi imputato dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo nel processo "Black money" con l'accusa di aver diretto, organizzato e promosso, insieme ai fratelli Pantaleone ed Antonio, l'intera organizzazione criminale di Limbadi. (AGI)