Processo “Aemilia”, sequestrati i beni ad imprenditore cutrese
La Direzione Investigativa Antimafia di Bologna ha eseguito un sequestro di beni, per un valore complessivo stimato in oltre 500 mila euro, a Pasquale Brescia, 49enne pregiudicato originario del crotonese ma residente a Reggio Emilia.
La misura di prevenzione è stata richiesta dal Direttore della Dia, Nunzio Antonio Ferla, e su disposizione del Tribunale del capoluogo emiliano ha riguardato un immobile a Milano, un automezzo e vari terreni a Cutro.
Brescia è originario proprio del popolo comune in provincia di Crotone e si è trasferito a Reggio Emilia nel 1989 dove ha acquisito interessenze in diverse imprese edili ed immobiliari. Il 49enne è stato arrestato nel 2015, nell’ambito dell’operazione “Aemilia”, insieme ad altre 202 persone, accusate di associazione a delinquere.
Secondo il Gip di Bologna, che dispose l’arresto, sarebbe stato un soggetto a “totale disposizione” di Nicolino Sarcone, Alfonso Paolini e Francesco Lamanna. In pratica, in base alla tesi del magistrato, avrebbe messo a disposizione degli altri associati la sua “capacità affaristica” e la sua influenza nell’ambito del sistema economico emiliano, permettendo così “di agevolare le attività illegali dell’organizzazione criminale”.
Brescia, inoltre, insieme ad Antonio Gualtieri sarebbe stato disponibile a costituire un gruppo di imprese per la costruzione in Calabria di villaggi turistici, impianti eolici e fotovoltaici: per gli inquirenti “nella piena consapevolezza” che ciò avrebbe comportato il coinvolgimento diretto di Nicolino Grande Aracri, ritenuto a capo della cosca cutrese.
Dalle indagini sarebbe emerso, inoltre, che il 2 marzo del 2012 l’imprenditore abbia partecipato a un summit presso gli uffici dell’azienda di Nicolino Sarcone insieme a Alfonso Paolini, Gianluigi Sarcone e Antonio Muto.
Summit durante il quale, sostengono ancora gli investigatori, si sarebbe stabilito un patto con l’avvocato Giuseppe Pagliani e che prevedeva di mettere in campo una “controffensiva mediatico-politica” così da salvaguardare gli interessi economico-criminali del clan, in quel momento raggiunto da numerose interdittive antimafia oltre che essere sotto la lente dei mezzi di informazione che ne evidenziavano le presunte infiltrazioni nell’economia reggiana.
Sempre secondo gli inquirenti, infine, Brescia si sarebbe messo a disposizione anche di Giuliano Frijio allo scopo di procacciare voti, “nei sensi indicati dalla consorteria”, durante la campagna del 2012 per l’elezione del sindaco di Parma.
Il Tribunale di Reggio Emilia, valutando una sproporzione tra i redditi dichiarati e il patrimonio accumulato dall’uomo, ha accolto la proposta del Direttore della Dia disponendo dunque il sequestro dei beni eseguito oggi.