Processo Aemilia, due anni all’ex bomber della Juve. Diciannove al padre
Due anni a Vincenzo Iaquinta, e 19 al padre. È la sentenza del processo Aemilia, il procedimento più grande mai celebrato al Nord contro la ‘ndrangheta.
L’ex bomber della nazionale è stato quindi condannato per reati relativi alle armi, anche se l’accusa aveva chiesto sei anni, mentre nella sentenza di primo grado è caduta l’aggravante mafiosa.
Non è invece andata meglio a Giuseppe Iaquinta, il padre dell'ex calciatore, accusato di associazione mafiosa. L’uomo, condannato a 19 anni di reclusione, è stato coinvolto nel processo insieme ad altri 148 imputati.
La sentenza, definita “ridicola” da padre e figlio, è arrivata dopo due settimane di camera di consiglio 'blindata' da parte del collegio giudicante composto da Cristina Beretti, Francesco Maria Caruso e Andrea Rat.
Immediato il commento dell’ex giocatore della nazionale che si è soffermato con i giornalisti poco dopo la sentenza. “Il nome 'ndrangheta non sappiamo neanche cosa sia - ha detto Iaquinta – non è possibile. Andremo avanti. Mi hanno rovinato la vita sul niente, perché' sono calabrese, perché' sono di Cutro. Io ho vinto un Mondiale e sono orgoglioso di essere calabrese. Noi non abbiamo fatto niente perche' con la 'ndrangheta non c'entriamo niente”.
(ultimo aggiornamento 15:45)