Cosca Grande Aracri, nuovo blitz: ancora arresti nell’inchiesta Aemilia
È scattata all’alba di stamani la seconda tranche dell’inchiesta “Aemilia”: decine di militari dei carabinieri del comando provinciale di Modena e dei finanzieri di Cremona, stanno eseguendo - tra l’Emilia-Romagna, il Veneto e la Calabria - un’ordinanza di custodia cautelare e un sequestro preventivo nei confronti di sei persone (di cui cinque già in carcere perché ritenuti ai vertici dell’organizzazione o a loro vicini) e di altrettante società di capitali. Il valore dei beni ammonta a circa 20 milioni di euro.
I provvedimenti sono stati emessi dal Gip di Bologna su richiesta della Dda e derivano da un’attività investigativa, sviluppata come prosecuzione dell’inchiesta “madre” che avrebbe fatto luce oltre che disarticolato una consorteria della ‘ndrangheta, la cosca Grande Aracri di Cutro, nel crotonese, che, autonomamente, operava in Emilia con capacità imprenditoriale e di infiltrazione in vari settori dell’economia locale. Nella prima fase dell’inchiesta, Il 28 gennaio dell’anno scorso, vennero già eseguiti ben 117 arresti; 224 i soggetti rinviati a giudizio o con il processo in abbreviato attualmente in corso. Il valore complessivo dei beni e delle società sequestrate è di quasi 500 milioni di euro.
In particolare, l’operazione di oggi segue i recenti approfondimenti investigativi nei confronti degli imprenditori di origine calabrese Giuseppe Giglio e dei fratelli Palmo e Giuseppe Vertinelli, già arrestati nel corso delle precedenti tranche dell’indagine ed attualmente imputati nel processo “Aemila” con l’accusa di essere esponenti del sodalizio ‘ndranghetistico emiliano.
Le indagini, secondo gli investigatori, consentirebbero di accertare che gli indagati, fino alla primavera del 2015, avrebbero eluso le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione per salvaguardare i patrimoni considerati di provenienza illecita e di cui gli stessi sarebbero “titolari occulti”. Per gli inquirenti si sarebbero resi responsabili del trasferimento fraudolento di beni mobili ed immobili, mezzi e quote societarie intestandole fittiziamente a prestanome, con l’aggravante di aver agito al fine di agevolare l’attività della associazione di stampo mafioso di appartenenza.
In questo contesto emergerebbe il ruolo di professionisti ritenuti “compiacenti”, tra i quali un commercialista crotonese, Donato Agostino Clausi, già arrestato nel gennaio 2015 ed oggi nuovamente destinatario di provvedimento cautelare.
Tra i beni sequestrati, oltre che ad alcune società con sede nelle province di Crotone, Parma, Vicenza e Verona, figura un agriturismo del crotonese, del valore di diversi milioni di euro, gestito da Francesco Giglio, sottoposto oggi agli arresti domiciliari, e padre di Giuseppe, detto “Pino”, attualmente recluso in regime del 41 bis.